Regia di Tuixén Benet vedi scheda film
Aloma i Mila in fondo non è che una performance, trasversale alle più disparate suggestioni che un’estate, un incontro e un luogo possono ispirare. Sulle coste di Valencia ma in posti imprecisati – in un locale, in un albergo, in una camera da letto – le due giovani protagoniste si scoprono e decidono di cercare insieme qualcosa; alla fine, ballando tutte le loro storie e tutte le loro incertezze, quello che scoprono è come essere sincronizzate. Un musical non-musical ballato ma non cantato (se non in una parentesi karaoke), di una durata (40 minuti) indefinibile, fuori dagli schemi. Il film di Tuixén Benet potrebbe anche essere un consueto film queer che si muove sulle generiche zone d’ombra dell’adolescenza e dell’esplorazione dell’ignoto, ma lo fa ostinatamente sui generis, suggerendo fin dalle prime immagini che per passare dall’immobilità delle statue alla mobilità dell’essere umano è un attimo, ma per muoversi insieme ci vuole sempre qualcosa in più.
Benet corteggia il videoclip e le sue soluzioni lo-fi più ovvie: inquadrature fisse, montaggio talvolta ipercinetico, scarti strategici che enfatizzino le imprevedibili movenze delle due protagoniste. Il resto è un tranche de vie sospeso e spontaneo con camere a mano discrete, con guizzi improvvisi e cesure nette per distinguere la natura delle diverse sequenze. Il rischio finale è quello dell’algidità e dello schematismo, ma questo racconto-per-danza low budget sa sfiorare alcune corde che invitano a superare i propri limiti, proprio come il film cerca di superare i suoi.
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