Regia di Guy Hamilton vedi scheda film
Arriva un ispettore, e ci deduce l’anima.
Una pura formalità. Yorkshire, una sera d’aprile del 1912, sul proseguir sfinito dell’Era Edoardiana. Un ispettore di polizia, introducendovisi clandestinamente passando da un’entrata secondaria, compare all'improvviso nella magione vittoriana di una ricca e influente famiglia inglese della classe dirigente/digerente mentr’essa è intenta a festeggiare il fidanzamento della primogenita con un rampollo rivale in affari del patriarca: una ragazza, Eva Smith (sineddoche per Donna Umana), si è appena suicidata, e col passare delle ore, inoltrandosi nella sopravvenente notte, sembra che ogni membro di quel parentado sia in parte responsabile dell'accaduto.
- But he’s not an inspector!
- Well, he inspected us all right.
- Ma non era un vero ispettore!
- Beh, di certo ci ha ispezionati per bene.
Il terzo film di Guy Hamilton (ricordato prevalentemente per aver diretto, in un decennio, tra gli anni ‘60 e i ‘70, quattro episodi della saga di James Bond, due con Sean Connery e due con Roger Moore) è la prima traslazione in ambito cinematografico (1954, B/N) della pièce in tre atti di J.B.Priestley (suo è il merito primario, se pur di sponda, dell'ottima riuscita di questo lavoro) che già aveva avuto, dopo essere andata in scena per la prima volta a Mosca nell’anno della sua stesura, il 1945 (e solo l’anno successivo in madrepatria, mentre il debutto italiano risale all’anno dopo ancora), tanto una versione televisiva (1948) quanto una radiofonica (1950), e che nel corso del trascorrere del tempo verrà riproposta, oltre che ovviamente sugli assiti dei palcoscenici di tutto il mondo e attraverso le trasmissioni in AM/FM, più volte tanto sul grande quanto sul piccolo schermo, ultima non ultima delle quali è l’ottima trasposizione del 2015 ad opera di Aisling Walsh (regìa) ed Helen Edmundson (adattamento), con David Thewlys nei panni dell’ispettore Goo[g]le (chi ha visto il film, la capisce, chi non l'ha visto, la intuisce, e gli altri si meritano Bing/Yahoo, Baidu, Yandex e Virgilio).
Siamo architetti ricchi di Bel Air
E vecchie dive del noir
Abbiamo ville, abbiamo cadillac
Ed uccidiamo per soldi come te
Puoi controllare i nostri alibi
Siamo eleganti e sereni
Siamo avvocati rispettabili
E ci inchiniamo al denaro come te
Ci annoiamo, abbiamo mogli e amanti, abbiamo tanti amici
A guardarli bene, tutti vermi che siamo costretti a eliminare
La logica spietata del profitto o chissà cosa
Ci fa figli dell'impero culturale occidentale
Meno male che qualcuno o che qualcosa ci punisce
Arriva un investigatore, ci deduce l'anima
La nostra cognizione del dolore illumina
Siamo scrittori in crisi a Beverly Hills
E siamo John Cassavetes
Siamo i dentisti di Los Angeles
Ed adoriamo il potere come te
Prepariamo le aragoste per chi viene a colazione
Prepariamo piani misteriosi appena ne cogliamo l'occasione
La logica spietata del profitto o chissà cosa
Ci fa figli dell'impero culturale occidentale
Meno male che qualcuno o che qualcosa ci punisce
Arriva un investigatore, ci deduce l'anima
La nostra cognizione del dolore illumina
Alastair Sim (1900-1976: attore teatrale, dal West End all’Old Vic, iniziò la lunga e poderosa carriera cinematografica a metà anni ‘30, arrivando nel dopo-guerra a recitare per Alfred Hitchcock in “Stage Fright” prima d’interpretare “Scrooge” per B.D.Hurst, per poseguire poi lavorando, fra gli altri, con Basil Dearden e Anthony Asquith, e giungendo quindi a metà anni ‘70 col vestire i panni del vescovo in “the Ruling Class” di Peter Medak da Peter Barnes), l’ispettore (qui ribattezzato per l’occasione) Poole, è un eccezionale mattatore in sordina avvelenata.
Jane Wenham (1927-2018), via di mezzo fra due giovani Milena Vukotic e Nicoletta Braschi, qui praticamente al suo esordio, incarna rashomonescamente una indimenticabile Eva Smith (in seguito, dopo essere stata sposata per poco meno di un lustro con albert Finney, lavorerà quasi esclusivamente per la serialità televisiva inglese, terminando giustamente la carriera con una piccola partecipazione alla prima stagione di “Downton Abbey”).
Il resto dell’ottimo cast è composto da Arthur Young (Mr. Birling), Olga Lindo (Mrs. Birling), Eileen Moore (Sheila Birling), Bryan Forbes (Eric Birling; Cohn in “the Guns of Navarone”, e la sua è la faccia che si rammenta di più), Brian Worth (Gerald Croft, promesso sposo di Sheila e quindi da rivale a futuro socio in affari di Mr. Birling) e Barbara Everest (l’unica del Comitato delle MarieLuise che ha mosso un inutile dito in favore di Eva Smith Birling).
In un cameo da tipico moccioso/scugnizzo inglese compare, al bancone del fish & chips (vedi penultima foto sotto), Jenny Jones (nata Frances Rose Gowens, 1943-2018), di lì a poco nel ruolo della futura co-protagonista di “Raiders of the River” di John Haggarty, ma la cui filmografia presto si spense (l’ultima sua partecipazione ad un set risale, fonte IMDb, al 1961-‘62: non accreditata, è una “amica”, presumibilmente di Dolores Haze, in “Lolita” di Kubrick).
La messa in scena di “An Inspector Calls” di Guy Hamilton [“the Best of Enemies” (con Alessandro Blasetti), “the Party’s Over”, “Funeral in Berlin”, “Battle of Britain”, “Force 10 from Navarone”], girato agli Shepperton Studios, sceneggiato da Desmond Davis (1907-1959), prodotto da A.D.Peters (l'agente letterario di J.B.Priestley) con la British Lion Film Corporation e la Associated Artists Productions, montato da Alan Osbiston (che aveva già lavorato col regista per “the Intruder” e che in seguito trasformerà l’alleanza in sodalizio per “Manuela”, “A Touch of Lacerny” e “the Devil’s Disiple”, e poi al taglia e cuci con Dmytryk per “the End of the Affair”, con Richardson per “the Entertainer”, con Lee Thompson per il succitato “the Guns of Navarone”, con Brooks per “Lord Jim” e con Parrish per “Duffy”), musicato da Francis Chagrin (con Hamilton per il già nominato “Intruder” e poi ancora nel successivo “Charlie Moon”), scenografato da Joseph Bato [dai primi passi con i costumi per “the Life and Death of Colonel Blimp” e “A Matter of Life and Death” di Powell & Pressburger al design degli ambienti di “the Third Man” di Carol Reed (“e” Orson Welles), e poi con lo stesso Hamilton per “the Ringer” e il già ricordato “the Intruder”] e, soprattutto, illuminato e inquadrato da Edward Scaife [che, dopo essersi fatto le ossa sui set di “Black Narcissus” di, ancora, Powell & Pressburger e, anch’egli, di “the Third Man” come operatore alla macchina, ed essere passato a capo delle seconde unità per “the African Queen”, divenne direttore della fotografia esordendo proprio assieme ad Hamilton per il già citato “the Ringer”, confermandosi alle luci per il successivo e già più volte summenzionato “the Intruder”, e poi per Jacques Tourneur in “Night of the Demon”, per Jack Cardiff (e John Ford) in “Young Cassidy”, per Robert Aldrich in “the Dirty Dozen” e, tornando a collaborare con John Huston, per “Sinful Davey” e “the Kremlin Letter”], non è altro che il geometrico e metaforico prologo a “Paths of Glory”.
Eva Smith, la ragazza del secolo scorso, quello breve; ed Eva Smith, la ragazza del secolo nostro, quello greve.
Le nuove generazioni (quelle del 1912 viste dal 1945, dal 1954 e dal 2015) sembrano migliori della vecchia guardia (commettono peccati laici, ma se ne vergognano, e provano rimorso, mentre per i loro genitori la prima occasione fortuita è buona per dimenticare tutto), al contrario di quanto accade, ad esempio, in “O Gebo e a Sombra / Gebo et l’Ombre”, con Raul Brandão che guarda agli anni ‘20 del XX secolo da contemporaneo, e Manoel de Oliveira che li (ci) scruta dal 2012.
Arriva un ispettore, e ci deduce l’anima.
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