Regia di Peter 'Drago' Tiemann vedi scheda film
Esordio in regia per lo stuntman Peter 'Drago' Tiemann, anche autore di un deludente soggetto che mette assieme suggestioni differenti senza alcuna connessione. Un film (pluripremiato ai festival di settore) privo di coerenza e senza soluzione ai tanti enigmi che propone, esattamente alla Shyamalan.
Index, Washington (1997). Durante una battuta di caccia, un ragazzino (accompagnato dal nonno) s'imbatte in una misteriosa scala, posizionata nel profondo della foresta. La successiva scomparsa della coppia lascia sconcertati i locali, incerti su quanto possa essere loro accaduto. Vent'anni dopo un gruppo di cinque escursionisti intraprende lo stesso sentiero, attraversando il medesimo tratto di natura selvaggia. Mano a mano che si allontanano dalla civiltà, trascinati sempre più in profondità del bosco, sono testimoni di inspiegabili avvenimenti. Osservano nel pieno della foresta una donna con un bambino mostruoso, mentre un uomo in giacca e cravatta (con una profonda ferita alla testa) si spara senza subirne le conseguenze. Stravolti e intenzionati ad abbandonare il posto, fuggendo si trovano di fronte all'enigmatica scala.
Non bastava Manoj Nelliyattu Shyamalan con i suoi film sempre più assurdi, che puntano a storie senza spiegazione scambiate in genere per innovative e originali. Adesso anche l'ex stuntman Peter 'Drago' Tiemann ha deciso di passare dietro la macchina da presa per raccontare "non-storie" che, partendo da un assunto folle (nel caso specifico una scala in legno lavorato con una porticina laterale sul lato del basamento, piazzata nel mezzo del nulla nella profondità di una foresta), procedono senza una vera direttrice narrativa nel caos più banale dell'improvvisazione. Il genere horror, sempre più bistrattato da sceneggiatori che sviluppano trame al pari di illogici sogni (qui la struttura d'insieme è quella irrazionale e illogica del mondo onirico), ormai riesce sempre più spesso a farsi disprezzare dal pubblico di appassionati, per nulla disposti ad essere trattati come spettatori privi di cervello. Perché hai voglia a vincere premi (The stairs vanta qualcosa come 12 riconoscimenti) ma alla resa dei conti il vero giudizio (solitamente quello più realistico) arriva proprio dal pubblico, oggi molto più competente ed esperto delle giurie istituzionalizzate ad uso e consumo di produttori che puntano al "mercato delle vendite".
The stairs ha un buon cast, la regia di Tiemann - dal taglio televisivo come la fotografia - è professionale. Ma l'insieme non soddisfa perché non è coerente e non offre uno straccio di spiegazione. Da quando i protagonisti aprono la porta alla base della scala, il film viaggia spedito nel territorio del non senso: labirinti sotterranei dai quali ricompare il bambino scomparso (senza essere cresciuto!), un mostro che sembra uscire da Hellraiser (Clive Barker, 1987), per quanto simile a un cenobita. Come collegare tutte queste suggestive trovate alla madre con un bambino vermiforme, a un uomo che non subisce danni dopo essersi sparato in testa e, principalmente, alle scale? Semplice: lasciandolo fare alla fantasia del fruitore che resta così in dubbio su tutto. Le giurie dei festival internazionali sempre più spesso premiano film che sono in esatto contrasto con il gusto del pubblico, assai più realistico, esperto e smaliziato e, alla resa dei conti, più credibile e affidabile delle ufficiali valutazioni di "parte" che dovrebbero fare tendenza.
"Il gradino di una scala non è mai stato concepito per riposare, ma solo per tenere il piede di una persona quanto basta a consentirgli di mettere l’altro un po’ più in alto."
(Thomas Henry Huxley)
F.P. 05/09/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 93'05") / Data del rilascio USA: 12/08/2021
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