Regia di Scott Derrickson vedi scheda film
Tra nostalgia degli anni ’70 (i toni, le atmosfere e i personaggi di contorno ricordano certo Linklater, quasi come se il film ne fosse una sorta di riproposizione virata all’horror), Stephen King conclamato (il racconto da cui è tratto il film porta la firma di Joe Hill, figlio del Re: non è certo un caso) e Stranger Things sempre sul pezzo, “Black Phone” non propone nulla di nuovo, ma soprattutto non fa paura. Concepito come metafora di un percorso di crescita e maturità, risulta però in questo senso superficiale e mal congegnato. Forse è in assoluto il film meno interessante di Derrickson, che comunque nella prima parte riesce a creare certi umori tardo settanteschi efficaci (alcuni momenti mi hanno ricordato “Halloween” e il film è ambientato nel 1978, anno di uscita del film di Carpenter: nemmeno questo penso sia un caso). A seguito del rapimento e della reclusione però tutto scema, la tensione rallenta e il personaggio di Hawke si rivela fin da subito poco interessante e privo di spessore. Peccato, perché le premesse per ricavarne un buon film c’erano tutte.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta