Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Due gli aspetti che a tutt'oggi ancora colpiscono con forza del Casanova di Fellini: l'imponenza e lo sfarzo del sontuoso impianto scenografico (tutte le sequenze sono girate in interni negli studi di Cinecittà cari al regista) e quell'ineluttabile senso di oscuro, esoterico, occulto che la pellicola trasuda ad ogni passo. Un personaggio avverso allo stesso maestro riminese in cui si riversano ossessioni, paure, dubbi, debolezze ma anche manie, eccessi, vizi da trattato di psicanalisi. Sospeso tra incubi e visioni oscure, il film è l'ennesima indubbia manifestazione della sfrenata fantasia cinematografica di FF. Il fascino è innegabile e l'ingordigia con cui vengono letteralmente fagocitate le scene travalica la teatralità e diviene sfrenata espressione del Sé. La storia procede per capitoli e luoghi, per sequenze e incontri amorosi, per allegorie e simbolismi, lanciando una marea di quesiti, mai ponendosi l'obiettivo di fornire un'evidente lettura dei fatti. Onirico è dir poco: non a caso l'aggettivo felliniano è finito nel dizionario della lingua italiana. Costumi, luci, materiali, il lavoro delle maestranze, le facce delle comparse, le musiche (Nino Rota aggiunge atmosfera con grande abilità) e il tourbillon visivo ammantano e stordiscono per abbondanza e sguardo inconfondibile. Un'esperienza. Sutherland è sublime e inquietante.
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