Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Riscrittura felliniana della vita di Giacomo Casanova in una pellicola che ha riscosso poco successo di pubblico e ha spaccato la critica in due fronti opposti. Film crepuscolare, come molti fra quelli realizzati nella fase conclusiva della carriera di Fellini, posto sotto il segno della morte e della decadenza fisica, in cui la gioia dell'atto sessuale sembra essere svanita, con al centro un Don Giovanni ridicolo e nevrotizzato dal suo ruolo di libertino impenitente e collezionatore di avventure (e le donne con cui interagisce compongono una galleria di ritratti da incubo, con l'eccezione della Henriette interpretata da Tina Aumont). Figurativamente ricchissimo e con parecchie geniali invenzioni visive, è un film che ci dà una visione decisamente originale del secolo dei Lumi, per certi versi affine allo sforzo di reinvenzione visiva che aveva compiuto Kubrick in Barry Lyndon, ma ancor più radicale nel suo rifiuto di una ricostruzione storica di tipo scolastico, come viene fatto nella maggior parte delle pellicole di carattere storico. Dietro il fasto dei costumi e delle scenografie (tutto ricostruito a Cinecittà) si nasconde un vuoto immenso e incolmabile. Dunque, un ritratto funereo e antirealistico che trova una sua particolare coerenza di rappresentazione, forse un po' lungo nelle sue due ore e mezza abbondanti, che alterna episodi di grande risalto a livello di stile e dove la figura di Casanova è ritratta benissimo nella sua sostanziale fragilità e solitudine, ad altri un po' meno riusciti come quello della sfida sessuale con un cocchiere in una corte romana, dove l'eccesso di colore locale e di manierismo fa perdere qualcosa al film nell'ordine dell'efficacia rappresentativa. Donald Sutherland è una marionetta agli ordini del regista, ma assolve al suo compito in maniera più che dignitosa, e lo stesso discorso si può estendere anche agli attori di contorno.
voto 9/10
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