Regia di Joe Wright vedi scheda film
Quantunque possiamo eccellere in uno o più campi e difenderci egregiamente in altri, ce ne saranno sempre alcuni in cui siamo destinati ad annaspare, se non addirittura ad andare incontro a cocenti fallimenti.
Queste mancanze costituiscono barriere insormontabili, che assumono il sapore della beffa quando rendono impraticabile l’unica strada che conduce alla realizzazione dei propri sogni, di quei desideri per i quali saremmo disposti a rinunciare – senza alcuna titubanza - a qualsiasi altra cosa.
Il protagonista di Cyrano rientra indubbiamente nella ristretta lista dei massimi esponenti in materia, viceversa il film in questione sorprende proprio per la sua straordinaria capacità di esprimersi al meglio in tutte le sue molteplici forme, propagando un immaginario autentico, fervido e composito.
Per tutti, Cyrano de Bergerac (Peter Dinklage - Il trono di spade, Funeral party) è un uomo stimato, in virtù delle sue inequivocabili abilità da spadaccino e per l’uso brillante delle parole. Nonostante tutto, per colpa del suo aspetto fisico, non ha mai avuto il coraggio di dichiarare il suo amore a Roxanne (Haley Bennett - La ragazza del treno, Swallow), arrivando pure a sostenere Christian (Kelvin Harrison jr. – Luce, Waves – Le onde della vita) quando la ragazza gli rivela di essersi innamorata proprio del nuovo arrivato.
Stretto tra la voglia di uscire allo scoperto e il desiderio di rendere felice Roxanne, Cyrano finirà per inimicarsi il potente De Guiche (Ben Mendelsohn - Bloodline, Ready player one), fino a rischiare la sua stessa vita.
Adattamento dell’opera teatrale officiata da Erica Schmidt, a sua volta ispirata all’arcinoto romanzo di Edmond Rostand, Cyrano riesce nell’impresa di conquistare – con pieno merito - uno spazio autonomo, benché le sortite al cinema legate al soggetto originale siano già state innumerevoli (vedi Cyrano de Bergerac di Michael Gordon, Cyrano de Bergerac di Jean-Paul Rappeneau, Roxanne con un indimenticabile Steve Martin).
Forte di un gioco delle coppie, e relativi incroci, con da una parte il regista Joe Wright e la protagonista Haley Bennett, dall’altra la sceneggiatrice Erica Schmidt e il battistrada Peter Dinklage, che garantisce una visione comune e pienamente condivisa, Cyrano è un dispenser di forti emozioni, un’intonata fusione tra contenuto e forma, tra musical e un’interlocuzione tradizionale.
Dunque, vive di sentimenti profondi, trepidanti ed eterni che scavano l’anima e fanno sentire il cuore in gola, che a turno permettono di toccare il cielo con un dito e poi gettano nello sconforto, con stoccate puntuali rintracciabili nella forza dell’eloquenza e in sguardi sagittabondi, corrispondenze sfasate che lasciano tutti con l’amaro in bocca, tra slanci portentosi e tormenti lancinanti, affinità elettive e vincoli blindati.
Questo romanticismo, inesauribile e struggente, inclusivo e radicale, dal distintivo trasporto, viene arricchito/foraggiato da un prelibato, proverbiale e funzionale incontro di eccellenze artistiche. Se Joe Wright (L’ora più buia, Anna Karenina) governa/modella l’evoluzione, continuando ad andare oltre gli archetipi di riferimento e plasmando il materiale con evidente creatività, risulta fondamentale il contributo musicale offerto dai The National, mentre l’esperienza di Seamus McGarvey (Espiazione, Animali notturni) consente di avere una redditizia continuità estetica.
Inoltre, va menzionato il rinomato e grandioso tocco made in Italy, tra location suggestive (Noto, con la sua architettura barocca, e le pendici dell’Etna) e i costumi ideati/selezionati da Massimo Cantini Parrini (Il racconto dei racconti, Pinocchio).
Infine, l’alchimia collettiva è suffragata dalle interpretazioni. Nello specifico, Peter Dinklage e Haley Bennett sono semplicemente meravigliosi, espressivi e trascinanti nella definizione di due personaggi indimenticabili, ossia un uomo con le ali tarpate, degno di ricevere una medaglia al valore, e una donna pertinace che non si accontenta, mentre Kelvin Harrison jr. regge dignitosamente un confronto inevitabilmente impari e un gigante qual è Ben Mendelsohn può solo accontentarsi di abboccamenti temporanei.
In sintesi, Cyrano ripassa/revisiona/reinterpreta/aggiorna con successo i punti cardinali di un’opera senza tempo, tra universalità e specificità, classicità e modernità (in un certo senso, ricorda il fenomeno del dialogo via web, con profili dietro cui nascondersi per esprimere la propria voce). Una produzione in grande stile, con un budget di 30 milioni di dollari (va attestato che sembrano molti di più), che emana una vibrante e luminescente energia, che non accetta i compromessi, che mette a nudo le virtù e le debolezze umane, uno spartito polifonico e fluido, nel quale tutti i fondamentali si muovono all’unisono.
Tra sogni ubriacanti e rimpianti devastanti, patimenti d’amore e scene guerra, vili risentimenti e purezza, fine intelletto e pulsioni fisiche, senso dell’onore e dileggi, bagliori e burrasche, devozione e rinunce, spavalderia e insicurezze, colpi di fulmine e idilli precocemente interrotti, il dolore della diversità e un pathos che non concede tregua.
Ricercato e traboccante, sfavillante e gratificante.
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