Loretta Sage (una Sandra Bullock cinquantottenne che riesce a essere credibile come trentacinquenne) ha trovato fortuna e ricchezze come scrittrice di romanzi rosa e d'avventura, sulle cui copertine è ormai divenuta prassi irrinunciabile far apparire il fisico da culturista del bell'Alan (Channing Tatum), idolo delle lettrici della saga letteraria alla Harmony che ha reso la scrittrice uno dei casi letterari più redditizi degli ultimi decenni.
Quando la scrittrice si trova in tournée per promuovere l'ultimo capitolo della sua avventurosa saga, viene rapita da un giovane e folle miliardario (Daniel Radcliffe), che ha acquistato un'intera isola ove ha appurato l'esistenza di una mappa che conduce verso una città segreta. Compito della scrittrice sarà quello di aiutarlo a scovare la città, addentro la quale dovrebbero celarsi immani ricchezze.
In soccorso della rapita, si muove subito il suo impacciato ma piacente partner Alan, scortato, per un tempo assai più breve del preventivato, dal temerario avventuriero Jack Trainer (un Brad Pitt che si concede poco più di una comparsa tramite un ironico cameo), nonché, in un viaggio tutto improvvisato, la corposa e tenace agente della scrittrice Da'Vine Joy Randolph).
Sotto la direzione, peraltro piuttosto incolore e senza guizzi, dei fratelli Aaron e Adam Nee, che si giostrano tra scenografie che paiono di cartapesta come nei film di cinquant'anni fa, The lost city tenta di rinverdire, completamente senza successo, il filone del film d'avventura ironico e brillante sulla falsariga di quell'inimitabile All'inseguimento della pietra verde di Zemeckis, il cui già immediato seguito, intitolato Il gioiello del Nilo, appariva già una stanca fotocopia del primo, non fosse per la verve inarrestabile del trio attoriale allora coinvolto (Douglas/Turner/DeVito, recidivi poco dopo su sentieri più autoriale con lo splendido e sferzante la guerra dei Roses).
Per quanto la Bullock e Tatum cerchino in tutti i modi di risultare simpatici e brillanti, lo script del film risulta davvero debolissimo e Daniel Radcliffe nei panni del ridicolo cattivo, finisce per rivelarsi completamente fuori ruolo.
Ne scaturisce una commedia avventurosa piena di gags poco riuscite, se non proprio forzate, in balia di un cast sulal carta glamour e di tutto rispetto, a conti fatti sprecato e quasi imbarazzato dalla pochezza dello script che è costretto a far proprio.
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