Regia di Nora Fingscheidt vedi scheda film
Per quanta acqua sia transitata sotto i ponti, sussistono determinati moti interiori che non possono essere sottaciuti, che neanche con tutto l’impegno immaginabile riescono a essere elusi e accantonati in maniera definitiva, sebbene il buon senso lo consiglierebbe vivamente.
D’altronde, i legami più solidi, soprattutto quelli suggellati dallo stesso sangue e da enormi difficoltà affrontate fianco a fianco, travalicano la morte stessa, così come ogni sorta di evento avverso, almeno fino a quando non sopraggiunge la resa dei conti, un punto di approdo raggiungibile esclusivamente attingendo a tutte le energie disponibili, dopo aver versato una moltitudine incommensurabile di lacrime, convissuto con un cuore grondante sangue giorno dopo giorno e sudato le proverbiali sette camicie.
Reduce da una condanna di vent’anni per aver ucciso un poliziotto, Ruth Slater (Sandra Bullock – Gravity, The blind side) è alle prese con un travagliato reinserimento nella vita sociale.
Tenuta sotto stretto controllo da Vincent Cross (Rob Morgan – Il diritto di opporsi), il suo sorvegliante, e tallonata da Steve (Will Pullen - Greyhound) e Keith Whelan (Tom Guiry – The mudge boy), che non possono perdonarla per quanto successo vent’anni prima, Ruth è tormentata dall’astio di chi la circonda.
Nemmeno le attenzioni del collega Blake (Jon Bernthal – The wolf of Wall Street) riescono a calmierare i tormenti che la attanagliano, spingendola a cercare la sua sorella minore, nel frattempo affidata a una famiglia che l’ha cresciuta con amore.
Per questo motivo, si affida all’avvocato John Ingram (Vincent D’Onofrio – The cell, Full metal jacket), che l’aiuta nonostante la reticenza di sua moglie Liz (Viola Davis – Le regole del delitto perfetto, Barriere), dovendo confrontarsi con disparati ostacoli, ma disposta a qualsiasi tipo di sacrificio pur di riabbracciare colei che ha guidato ogni sua singola rinuncia.
The unforgivable trasforma in film il soggetto della miniserie inglese Unforgiven, una trasposizione che, non per niente, accusa come principale ed evidente contraccolpo lo scarso spazio concesso ai tanti personaggi secondari, che sembrano reclamare luce, non solo per il fatto di essere spesso interpretati da attori di gran classe, partendo da un Jon Bernthal insolitamente mansueto, per passare al corpulento Vincent D’Onofrio e giungere a Viola Davis, un’attrice che è stata insignita da premi di ogni tipo.
Di fatto, il film diretto con spiccata sensibilità femminile dalla tedesca Nora Fingscheidt (System crasher) è cotto a puntino per Sandra Bullock, rientrando in una classica procedura che vede la star di turno spogliarsi completamente dei propri orpelli glamour per calarsi senza compromessi in un ruolo ostico.
Dunque, The unforgivable poggia completamente sulla sua affermata star, elaborando un affranto processo di ripartenza che toglie un velo alla volta, inserendo gradualmente un pacchetto di flashback, con un assortimento di spunti rientranti nella sfera dei sentimenti, che oscillano perseguendo un effetto fisarmonica tra il perdono e la vendetta, tra le colpe e la comprensione, tra le escoriazioni e la gentilezza.
Un complesso esposto con tatto e argomentazioni maneggiate con cura, cucinate a fuoco lento camminando con circospezione su un campo minato, cosparso di sofferenza e di rancori squassanti, di conti in sospeso e volontà incontrovertibili, con rari accenti scomposti e un vento contrario, di natura pervasiva e composta.
Complessivamente, The unforgivable esperisce la politica dei piccoli passi. Lavora sulla distanza operando con il cuore (sanguinante) in mano, eseguendo interventi trasversali, costituendo un collettore fatto di menomazioni assodate e aperture affettuose, tragedie e tormenti, mani protese e altre ritratte, verità assordanti e segreti che non saranno mai rivelati, macigni non espulsi e volontà incardinate nell’anima, macchie indelebili e necessità impellenti.
Un po’ troppo scolastico per svettare, ma anche accorato e onesto nella sua disamina.
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