Regia di Renato Castellani vedi scheda film
L'amore impossibile fra due ragazzi divisi dal destino. Per dire tutto questo sono occorsi svariati secoli, a partire dal Quattrocento, quando Masuccio Salernitano scrisse la novella da cui Shakespeare un secolo e mezzo più tardi trasse la celebre tragedia, per arrivare alla metà del Novecento, momento in cui il già affermato regista Castellani decide di trasporre su pellicola la storia dei due amanti scaligeri con una cura realmente maniacale per ambientazioni, costumi, dialoghi, personaggi. Tanto è vero che al regista ligure, proveniente dall'intensa ma ormai sfibrata stagione del neorealismo, occorsero ben sei anni per mettere in scena davanti alla macchina da presa quest'opera; un lavoro decisamente ambizioso che è valso, oltre a una serie di buone critiche, anche un Leone d'oro a Venezia 1954 e due prestigiosi National Board of Review quali quello per il miglior film straniero e quello per il miglior regista. I limiti dell'operazione - al di là delle prevedibili accuse di calligrafismo e quindi di mancanza di personalità - sono da ricercare nella smisurata durata della pellicola, che manca di pochi minuti le due ore e mezza di lunghezza, e nella totale mancanza di 'appeal' da parte dei protagonisti, non disprezzabili di per sè, ma comunque nomi assolutamente anonimi pescati all'estero, come quelli di Laurence Harvey e Susan Shentall (per l'appunto i due protagonisti centrali), che nell'anonimato rimarranno anche nell'intero prosieguo delle loro carriere. La cura formale dell'opera trova riscontro anche nell'ottimo lavoro di Robert Krasker, direttore della fotografia da poco (1951) aggiudicatosi l'Oscar per Il terzo uomo; musiche di Roman Vlad, già con Emmer, Soldati, Clèment. 6/10.
Trasposizione cinematografica della tragedia shakespiriana.
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.. la durata è strettamente legata alla ricerca filologica (magari discutibile) di rimanere il più aderenti possibile al testo teatrale "disperdendone" meno di quanto in genere viene tralasciato quando si traduce in cinema Shakespeare. Nemmeno io amo molto questo film se non per la sontuosa veste e la "ricostruzione" scenografica che ci restituisce una Verona attendibile ma con uno straordinario gioco di incastri di luoghi ripresi da varie altre città italiane,n e questo perchè a Venezia il conformismo di allora portò l'incolpeviole Castellani a fregiarsi del premio maggiore scippandolo prima di tutto a Visconti e poi anche a Fellini (se proprio per motivi politici ci si rifiutava di dare a Senso il Leone d'oro)
Giusto, il film è così lungo perchè vuole aderire quanto più possibile al testo originale: eppure ciononostante taglia lo stesso molto. Quindi viene da pensare: perchè non farlo di un'ora e mezza, più 'digeribile'? O di quattro, senza tagliare niente davvero? Hai ragione, ho tralasciato la lunga lavorazione sulle location, che Wikipedia cita in maniera dettagliata; un altro indizio di quanto scrupolosa fosse la fase di ricerca e di preparazione per Castellani. Per il Leone d'oro in effetti la perplessità è piuttosto forte: non che questo Giulietta e Romeo, dopo tutto quel che si è detto, non ne sia all'altezza, ma davanti aveva senz'altro due pretendenti come Senso e La strada, e inoltre I sette samurai e Fronte del porto, per citarne un paio di stranieri...
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