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Crimes of the Future

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Crimes of the Future

di Azrael
7 stelle

Cosa può definirsi umano-artificiale e cosa invece naturale? Dove si trova il confine? Essendo l’uomo stesso una creatura naturale, non è forse legittimo che possa sfruttare il proprio ambiente per sopravvivere e migliorare la propria condizione? Oppure non è in linea con le leggi di natura? Ma esistono, in fondo, vere leggi di natura per l'uomo?

 

Spesso nei film di Cronenberg (perlomeno nella sua produzione “distopica”) la storia e i personaggi sono solo funzionali ad un' onnipresente materia di fondo che funge da fulcro tematico e stilistico. Cronenberg distorce la realtà filtrandola in dimensioni che sono specchi del reale, anti-utopie che rimandano a degenerazioni di alcuni elementi del reale e del sociale.

Le ambientazioni e le scenografie sono quasi predominanti sui soggetti in scena, che svolgono un ruolo complementare: essi sono pedine che si muovono sullo sfondo di lugubri dipinti dell'assurdo dove ogni dettaglio (in primis gli oggetti) è funzionale ad un credo (la “materia” di fondo di cui si parlava poc’anzi), un credo che comprende e ingloba la realtà tutta e si spinge talvolta fino a crearne una nuova.

In Videodrome era la tecnologia tramite la violenza dei media a propendere le braccia sul mondo dei sensi per divenire realtà, attraverso una fascinazione orrorifica di edonismo e violenza che divengono coscienza e sostanza compiendo una transizione tra due stadi dell'umano. Gloria alla nuova carne, il nuovo credo viene cristallizzato in una frase, un aforisma da consegnare ai posteri: la fusione tra umano e tecnologico si compie. Ma siamo solo al primo stadio. Al crocevia del millennio eXistenZ poneva il focus sulla percezione della realtà, mettendo in discussione la verità del mondo percepito attraverso un gioco a scatole cinesi che esplora possibili realtà simulate tramite l’innesto di nuovi organi sensoriali. Di nuovo, vine messo in luce il rapporto tra uomo in quanto entità sensoriale-corporale e una forza esterna che punta ad impossessarsi di essa e servirsene. Ma se questi due film possono dirsi predecessori spirituali di Crimes of the Future, ora l’indagine di Cronenberg si spinge al limite. Il nuovo inno risuona "body is reality": ci troviamo all’estremo confine, il corpo stesso diviene elemento e forza corruttrice della realtà e del mondo.

Il nuovo quadro è un punto imprecisato nel tempo e nello spazio (una dimensiona parallela al reale, un altro specchio della contemporaneità), un mondo all’ormai avvenuto collasso sociale e ambientale. Un futuro decadente, cupo e sporco, dove il dolore fisico è stato cancellato delle esistenze umane (ma viene sublimato nel sonno) e tutto è sommerso in un’atmosfera lugubre dalle tinte Steampunk. Le tecnologie sono di ultima generazione, ma gli interni degli edifici sono trascurati, lasciati a se stessi in quanto non più dotati della stessa utilità/importanza che avevano in precedenza. "Body is reality": quando tutto il resto scompare, ecco che il corpo, la dimensione corporale nella sua immediatezza ed “umanità” diviene unica e necessaria realtà. Ora non è più “gloria alla nuova carne” (ci troviamo in un periodo successivo rispetto a Videodrome) ora si rivendica il primato del corpo come unico elemento di realtà possibile e immaginabile, l’unica intorno alla quale si può costruire un processo di ricerca interiore (e quindi di arte). Il conoscere se stessi diviene un conoscersi in quanto realtà biologiche determinate. La nuova massima “body is reality” appare allo spettatore su una serie di schermi accatastati (evidente qui il richiamo a Videodrome), eppure apparentemente non viene inculcato dai media (essi forse non esistono più per come erano prima in questa nuova realtà, o meglio non sono più necessari).

Se la chirurgia è il nuovo sesso, allora quello tradizionale è stato superato. Si è passati ad uno stadio successivo. Il sesso, come il cibo, rappresenta nel film un elemento che nella sua evoluzione funge da stadio di passaggio, di transizione (il vecchio umano “naturale” sta diventando qualcos’altro) dalla dimensione naturale dell’uomo a quella del nuovo “transumano” artificiale. L’azione del mangiare è un ulteriore esempio: deglutire normalmente è ormai operazione dolorosa e difficile, mentre c’è chi inizia a cimentarsi nella deglutizione di plastiche. Quello di Crimes of the Future è un mondo che si sta progressivamente “umanizzando”, ciò è evidente anche nella rappresentazione degli interni anch’essi sempre più umani sul piano estetico (la bizzarra sedia "a dondolo" che richiama ad uno scheletro, o il letto del protagonista Saul le cui strane pretuberanze rimandano al sistema nervoso dell’essere umano). L’impianto allegorico che Cronenberg mette in scena, oltre ad essere suggestivo visivamente, è chiaramente un richiamo al moderno ecosistema antropocentrico: principale causa dei problemi ambientali (interi ecosistemi corrotti dalle plastiche, acqua potabile contaminata ecc...), ma anche dei nuovi orizzonti tecnologici e medici che stanno sfidando la natura stessa e il suo normale procedere biologico. 

Se è vero che il mondo sta diventando sempre più a misura d’uomo, Cronenberg porta alle conseguenze più lontane questo concetto filtrandolo anche sul piano estetico. Il mondo di Crimes of the Future è una pittoresca estremizzazione del mondo contemporaneo, l’ambiente e gli edifici stessi si umanizzano progressivamente, rispecchiando la condizione totalitaria ma instabile del nuovo umano, che genera nuovi organi la cui funzione è dubbia, contagiando anche gli spazi oltre che la realtà percepita. Spazi e percezione di una nuova reltà (fondata sul primato del corpo nella sua dimensione carnale) si intrecciano vicendevolmente.

I governi, organizzazioni oscure cercano di tenere sotto controllo la normale evoluzione dei corpi (le tecnologie LifeFormWare sono a tutti gli effetti strumenti di controllo), ogni tentativo sovversivo in tal senso viene mal visto e perseguitato. Il protagonista Saul è un famoso artista che segretamente bazzica tra due mondi (fa la parte della spia in organizzazioni clandestine), la sua “arte” è forse un tentativo di affermare una volontà personale sul proprio corpo (o di conoscerlo, come già detto di comprendere a fondo la propria realtà biologica), un atto di libertà alla ricerca di un senso più alto. L’estremo di questo processo di ricerca (letteralmente) interiore è la creazione di un’umanità nuova che si ponga in equilibrio e armonia con l’ambiente ormai al collasso (l’artificiale che vuole imporre il proprio dominio definitivo tramite l’assunzione di plastiche, il culto della plastica come una sorta di banda sovversiva). In questo senso la catarsi finale del protagonista è punto d’arrivo, quasi sacrale, di tutto ciò. Crononberg pone l’accento sul contrasto tra tutto ciò che è naturale e interferenza dell’uomo (toccando il filone moderno della bioetica), la transizione artificiale a cui punta la “setta” del culto della plastica assume una valore quasi divino. Cosa può definirsi umano-artificiale e cosa invece naturale? Dove si trova il confine? Essendo l’uomo stesso una creatura naturale, non è forse legittimo che possa sfruttare il proprio ambiente per sopravvivere e migliorare la propria condizione? Oppure non è in linea con le leggi di natura? Ma esistono, in fondo, vere leggi di natura per l'uomo? Questi sono i principali questi sui quali il film cerca di indagare. 

 

Le nuove frontiere del desiderio e dell’arte in Crimes of the Future. 

Nella celebre graphic-novel “The Sandman” di Neil Gaiman la dimora del personaggio di Desire (un essere androgino che incarna la facoltà primordiale del desiderare in ogni essere umano) si trova  all’interno di un gigantesco corpo umano fatto di sangue, carne ed ossa. Questa rappresentazione dell’aspetto necessariamente carnale del desiderio (rivolto all'interno del corpo, dimensione inesplorata e fonte di infinito piacere) è efficace per capire quanto avviene in questo film di Cronenberg, sempre interessato ad esplorare le possibili nuove frontiere dell'edonismo. 

Hegel parlava del desiderio come di un sentimento alienante, in quanto tende inevitabilmente all’appropriazione dell’altro e alla sua trasformazione in cosa, al consumo dell’altro e infine alla sua distruzione. In Crimes of the Future (in un modo molto simile all’Impero dei sensi di Nagisa Oshima, seppur puntando all'elevazione spirituale piuttosto che all'annientamento) la dicotomia soggetto – altro è stata superata. Anche in questo caso (o meglio, in questo aspetto del reale) si è passati ad uno stadio successivo della transizione verso il transumano: il principio di alienazione del desiderio ora si rivolge all’interno, al proprio stesso corpo. Impadronirsi della coscienza incarnata (non più) nell’altro ma in se stessi nella propria carnalità. Questa è la tendenza (auto)distruttiva (ma che punta a nuovi orizzonti sensoriali) della nuova trans-umanità, il corpo in sé stesso diviene anche l’unica realtà sessuale. 

Se gli esistenzialisti francesi parlavano del rapporto sessuale come di una relazione tra mezzi e fini, dove la carne stabilisce un rapporto intimo e spirituale tra due corpi, Cronenberg in questo film pone il corpo come allo stesso tempo sia mezzo che fine del piacere stesso: non si tratta più di un rapporto tra corpi desideranti che produce una relazione interiore, la carne diviene il proprio corpo e solo attraverso di esso e la sua esplorazione interiore (le performance artistiche di Saul e Caprice) si può accedere ad una dimensione sensoriale più alta.

I tumori maligni che stanno cercando di distruggere il corpo di Saul sono a tutti gli effetti un processo naturale irreversibile, proprio a partire dal quale Saul e Caprice trasformano l'orrore in opere d’arte. L’arte quindi viene sublimata dalla deviazione naturale: dove si trova quindi il confine dell’arte? Cosa può essere definito arte e cosa non lo è? Se essa è generata dal conflitto uomo-mondo (elemento generalmente concorde nei trattati di estetica moderni), cosa accade in una dimensione distopica dove ogni forma di dolore fisico è scomparsa e il corpo rimane l’unica realtà tangibile? Il corpo è qui l’unica realtà concreta in un mondo al collasso tra inquinamento e distruzione di ogni altro ecosistema, esso (il corpo) è alienato in se stesso e quindi funge come unico tentativo di fuga e di connessione verso qualcos’altro, verso nuove dimensioni sensoriali che sono quindi il nuovo terreno di sviluppo dell’arte. 

 

Il finale, la transizione si compie. 

Tra i tipici dialoghi celebrali e personaggi cupi nel corso del film si stagliano immagini di grande potenza estetica e crudezza. Cronenberg pone lo spettatore di fronte al proprio corpo e alla carne nella sua immediatezza ed erotismo (le scene di nudo), ma senza risparmiarsi in alcun modo (l’autopsia del bambino).

Il punto di arrivo del processo di umanizzazione del mondo è la creazione di un nuovo essere umano, che si impossessi delle nuove frontiere ambientali e tecnologiche e le sfrutti per sopravvivere. Ciò nel film viene ostacolato da misteriosi governi ombra, ma il finale sembra porre questa prospettiva come l’inevitabile evoluzione del nuovo essere umano. Cronenberg non cerca un giudizio definitivo sulla tecnologia (elemento che rimane nel film contraddittorio), gli effetti che può causare all'uomo possono essere interpretati sia come potenzialmente salvifici che in negativo (sta probabilmente allo spettatore tirare le sue conclusioni). Nella scena finale l’estasi carnale del protagonista viene rivolta al futuro, cristallizzata in un’immagine una nuova umanità che supera l’umano tradizionale (quello definibile come "naturale") e approda ad un successivo stadio evolutivo attraverso l’assunzione di plastiche (il mangiare ora non è più doloroso, ora è estasi ed emancipazione come fosse un’affermazione di libertà). Il rifiuto dell’umano per com'era (e la volontà di evoluzione verso qualcosa di altro) diviene principio di una nuova umanità. 

 

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