Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Il maestro canadese si sforza di ricongiungere le proprie origini da cineasta con la successiva maturità autoriale più teorica.
Gloria e vita alla nuova carne. Che forse, però, così nuova non è più: a quarant'anni e passa da Videodrome, il sostrato della poetica di David Cronenberg è rimasto infatti lo stesso. Ad essere cambiati sono i crimini, appunto, di cui la carne umana si impregna, contemplati da un futuro che è solo la misera faccia oscura del nostro presente: l'inquinamento endemico della natura si è riversato direttamente sui corpi vivi, rendendo necessaria l'esistenza di stomaci e fegati deputati a digerire gli scarti industriali (di che cosa si ciberanno i bambini dell'avvenire? La preoccupante risposta è nel prologo); l'eccesso di stimoli sensibili ha generato un'anestesia delle sensazioni che ha sostituito la penetrazione del pene nella vagina con quella del bisturi nelle viscere (il dolore è il nuovo piacere, perciò "la chirurgia è il nuovo sesso", come dice Kristen Stewart); la bellezza interiore è divenuta letterale (dal momento che riguarda le interiora), ma è anche oggetto di esibizioni artistiche d'avanguardia dove viene smascherata dalla performer Léa Seydoux l'ossessione contemporanea di "riempire il corpo di significato" attraverso una perenne messa in scena di se stessi. Di nuovo alla regia dopo Maps to the Stars, il maestro canadese si sforza di ricongiungere le proprie origini da cineasta (il body horror fantascientifico) con la successiva maturità autoriale più teorica, ma il risultato ha purtroppo la stessa agilità indolenzita della sedia (piuttosto ridicola) utilizzata in alcune sequenze da Viggo Mortensen per mangiare, fra dialoghi sentenziosi e ridondanti, goffaggini nella gestione del basso budget (persino incredibili se si pensa al Cronenberg degli inizi) e un andazzo drammaturgico neboluso (la chiusa, ad esempio, sa molto di affrettato). L'artigianalità degli effetti oscilla tra il fascinoso e il posticcio. È il caso, assai raro, di un'opera obsoleta (nella forma) ma comunque attualissima (nei temi), reclusa nel proprio mondo ma spalancata sulla realtà.
Partiture musicali firmate, come ormai è tradizione, dal fidato Howard Shore.
Voto: 6 — Film DISCRETO
VISTO al CINEMA
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