Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Dopo gli esordi quale alfiere della nouvelle vague, Chabrol si è dedicato alla realizzazione di un cinema medio, che spesso ha rappresentato benissimo certi aspetti poco conosciuti, talvolta intimi talaltra nascosti, della società francese. La sterminata filmografia del cineasta francese oggi settantacinquenne testimonia di una produzione talmente ampia da non poter pensare a una sfilza di capolavori. E infatti nemmeno "Sterminate «Gruppo Zero»" lo è. Si tratta però di un buon film "d'azione d'idee", tratto da un romanzo del compianto scrittore marsigliese (1942-1995) Jean-Patrick Manchette, autore di noir - polizieschi. La storia di un gruppo ideologicamente traballante e organizzativamente scalcinato di anarchici franco spagnoli è però ben narrata, con un andamento sufficientemente secco e antispettacolare che giova anche all'assunto del film. Che in sostanza consiste nella tesi secondo la quale rivoluzione e repressione si somigliano fin troppo, salvo che la seconda è molto più scaltra della prima, rappresentata da ingenui giovanotti un po' invecchiati senza veramente crescere. Questo gioco al massacro, credibile nel delineare una possibile rappresentazione di come potrebbe avere funzionato anche in Italia la strategia della tensione, è moderno soprattutto quando ci dice dell'uso che le due parti contrapposte fanno della televisione e della stampa. Per questo aspetto era indubbiamente un film in anticipo sui tempi, anche se per quanto è accaduto negli ultimi anni (guerre in diretta tv, attentati ai grattacieli in mondovisione, uccisioni di ostaggi davanti a una telecamera ecc.) sembra venire da un'altra era geologica. Per quanto possa apparire incredibile, mi sembra che Fabio Testi abbia offerto una buona prova d'attore, nerovestito come un anarchico ottocentesco, migliore di una Mariangela Melato volutamente lasciata nell'ombra. Ottimi gli interpreti degli infidi funzionari francesi fascisteggianti e ambigui a seconda delle circostanze. Le scene d'azione sono essenziali e, pur non essendo il terreno preferito di Chabrol, girate quasi alla perfezione.
Insolitamente misurato e particolarmente "dentro" il suo ruolo.
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