Siamo in Svizzera, dove si stanno celebrando, sulle sponde del Lac Leman, le nozze fra André Polonski (Jacques Dutronc) e Mika Muller (Isabelle Huppert): lui è un celeberrimo pianista; lei è la ricca erede di una fabbrica di cioccolato entrata in crisi dopo la morte del sig, Muller, suo padre.
André e Mika, erano già stati marito e moglie per qualche tempo (le fedi nuziali durante la cerimonia sarebbero state le stesse di allora), ma il loro matrimonio era stato interrotto dall’amore nato fra lui e Lizbeth, la sorella di lei ora defunta, da cui era nato Guillaume (Rodolphe Pauly), ragazzo diciannovenne, personaggio non secondario del film.
La coppia si stava dunque ri-legittimando pubblicamente, dopo che un tragico incidente stradale in cui Lizbeth aveva perso la vita aveva fatto rinascere l’antico legame e Guillaume, ragazzo difficile e senza molte qualità, era stato accolto come un figlio da Mika, premurosa e attenta come una vera madre.
La situazione diventa presto molto complicata: un giornale locale attraverso il quale Mika partecipava ai concittadini il matrimonio, riporta a galla un’antica diceria sulla nascita di Guillaume: era davvero il figlio del pianista?
C’era stato infatti uno scambio di neonati in culla, immediatamente scoperto e risolto: Guillaume era tornato subito ai suoi legittimi genitori, così come Jeanne, che ora è una bella ragazza (Anna Mouglalis).
Nessuno scandalo ne era nato, perciò, ma l’equivoco di allora aveva reso inquieta la giovane ignara, che stava diventando una brava e ambiziosa musicista. Le spiegazioni imbarazzate di sua madre, medico legale dell’ospedale locale, non avevano dissipato tutte le ombre, ma in ogni caso avevano destato in lei il desiderio di conoscere il celebre musicista dalla cui esperienza avrebbe avuto molto da imparare…
Da un romanzo dell’americana Charlotte Armstrong The Chocolate Cobweb nasce il soggetto di questo film, ingiustamente considerato fra i minori del regista, che fin dalle primissime scene del matrimonio e del successivo ricevimento ci introduce in un clima di tensione latente, come se, al di là delle apparenze, qualche velenoso segreto impedisse lo scambio sincero degli affetti.
Chabrol inserisce con estrema abilità, un po’ per volta, numerosi indizi di oscure verità accuratamente celate nei recessi dell’anima che nessuno dei protagonisti ha voglia di portare in piena luce: tutti hanno i loro segreti inammissibili e socialmente inaccettabili, anche nella terra che, secondo la vulgata, è quella più attenta al rigore della tradizione calvinista e anche giansenista: la Svizzera
Ci troviamo, dunque, alle prese con i temi chabroliani, da sempre legati alle pubbliche virtù e ai vizi privati dell’alta borghesia, che della propria lacerante duplicità certo non si giova (talvolta ne soffre profondamente) e trama le proprie vendette travestendole da buone azioni, in una incoercibile pulsione a distruggere e a distruggersi. I toni del racconto sono quelli tipici dell’ironia chabroliana, pungente e sommessa, resa attraverso l’inquietudine crescente delle situazioni e la secchezza degli scambi verbali fra tutti i personaggi la cui rispettabilità è messa in forse.
L’indagine impassibile del regista non risparmia alcun personaggio, neppure quelli apparentemente innocenti e vittime, perché il sottile veleno della perversione è in tutti riconoscibile, cosicché anche il vecchio espediente retorico dello scambio in culla assume una funzione narrativa quanto mai utile a lasciarci nell’incertezza se un sentimento incestuoso fra André e Jeanne stia nascendo…ciò che non sarebbe meno grave della propensione alla crudeltà delittuosa, all’invidia, alla menzogna degli altri.
Grande Huppert, significativa la scelta delll'accompagnamento dei tempi del film con la Marcia Funebre di Listz.
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