Regia di Gregory Hoblit vedi scheda film
Il caro buon vecchio paradosso temporale.
Elisir di eterna creatività per alcuni, impietosa distesa di sabbie mobili per altri.
E Hoblit, già valente regista televisivo e con una carriera cinematografica da costruire, mi casca proprio nel mezzo. Parte da un'idea semplice quanto efficace nel suo paradosso su cui già si gioca buona parte della sospensione della credulità dello spettatore e invece di filosofeggiare sull'ineluttabilità del destino o di espanderla su universi paralleli o dimensioni temporali attigue, si diverte a inserire un altro film nel film però stavolta squisitamente action.
Insomma la butta in caciara come del resto sono abituati a Hollywoodland.
Però Frequency ha qualcosa che lo fa gradire più del solito prodottino di serie B che si comincia a dimenticare a partire dai titoli di coda.
E'squisitamente retrò, profuma di science fiction anni '50, di Ai confini della realtà, è insomma un film che piaciucchia al di là di ogni ragionevole logica.
Ecco per vedere questo film la logica conviene lasciarla fuori così come occorre spegnere l'ultimo neurone funzionante prima che vada in pappa perchè altrimenti incominceremmo a disquisire sul paradosso temporale di cui sopra , sul fatto che il destino non è ineluttabile come sembra e altre facezie del genere.
Che al regista Hoblit interessano meno di zero. A lui importa confezionare una macchina spettacolare che funzioni anche bypassando alcune forzature narrative soprattutto in un finale che arriva quasi a rovinare quanto visto in precedenza.
Una mitragliata di melassa e buoni sentimenti ad alto rischio di coma diabetico.
Ma che volete?
E' la regola non scritta del film che deve avere successo.
cerca di non complicarsi la vita
divetto troppo presto inserito nel viale del tramonto
mai sbocciato
insomma
caratterista di mille battaglie
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