Regia di Harold Becker vedi scheda film
Nel 1963 due detective del dipartimento di polizia di Los Angeles, Karl Hettinger (John Savage) e Ian Campbell (Ted Danson), durante una ispezione stradale notturna vennero rapiti da due balordi, Greg Powell (James Woods) e Jimmy Smith detto "Youngblood" (Franklyn Seales) nei pressi di Hollywood. Immobilizzati bendati e portati in un luogo isolato, che si rivelerà un campo di cipolle nei pressi di Bakersfield, vennero insultati, umiliati fino a che Campbell fu ucciso senza un vero motivo, forse per sfregio, mentre il compagno Hettinger riuscì a fuggire, dileguandosi nel buio tra i campi.
La testimonianza del superstite conduce i colleghi all'arresto veloce dei due uomini.
Processati in direttissima e condannati per omicidio di primo grado, i due si ritrovano l'uno contro l'altro perché Smith si dichiara innocente, mentre Powell, che ha ammesso di essere l'autore del primo sparo, afferma che a finirlo fu il suo collega con altri quattro colpi.
In attesa dell'esecuzione della pena di morte che pende sulle loro teste, Powell e Smith, pur in forte astio uno con l'altro, imparano a sfruttare il sistema legale e, grazie ad una serie di fortunati ricorsi, riescono a vedersi trasformata la condanna in ergastolo.
Nel frattempo, la condizione fisica e lo stato emotivo di Hettinger peggiorano rapidamente: su di lui pesa il sospetto che l'uomo non abbia saputo reagire con convinzione per salvare il collega e ciò lo porta a deprimersi e gli provoca malesseri seri.
Tormentato da lancinanti sensi di colpa e dal rimorso, l'uomo arriverà a premeditate di farla finita.
Tratto dall'omonimo romanzo di Joseph Wanbaugh, Il campo di cipolle è il secondo film del regista Harold Backer, che divenne noto soprattutto tra gli anni '80 e '90 con una manciata di thriller dal buon esito al botteghino (Cocaina, Seduzione pericolosa, Malice, City Hall).
Una partenza incalzante, punteggiata dalla recitazione sopra le righe ma lodevole di Woods, alle prese con un personaggio folle quanto ambiguo e controverso, si stempera via via verso una soluzione finale in cui il film non riesce più a mantenere il ritmo di partenza e si adagia su atteggiamenti rassegnati e vittimistici del tormentato protagonista, interpretato da un pur valido e credibile John Savage, attore in quei fine atti Settanta baciato dalla fama, e fresco reduce da due partecipazioni a film epocali come Il Cacciatore di Michael Cimino e Hair, di Milos Forman.
Il film mira a riflettere sul fenomeno della violenza, sentimento innato nel genere umano, alimentato e concepito come atto gratuito e fine a se stesso, che è anche facilitato dalla semplicità con cui è possibile procurarsi armi, oggi come allora, in una società libera ed arbitraria come quella americana, ove la giustizia fai da te e da fare west è ancora considerata la soluzione più efficace.
La tematica si rivela scottante oggi più che mai e conseguenza di stragi indiscriminate sulla folla, in scuole, dando sfogo a scene di violenza inaudita e sporporzionata a priori, non suffragate da motivazioni minimamente comprensibili né tantomeno tollerabili.
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