Regia di Julian Schnabel vedi scheda film
L’autobiografia di Reynaldo Arenas, “Prima che scenda la notte”, è uscita in Italia (da Guanda) quasi contemporaneamente a quella di un altro scrittore cubano in esilio, Guillermo Cabrera Infante, “L’Avana per un infante defunto” (da Garzanti). Arenas, figlio di contadini, raccontava i suoi disastri col regime castrista ma anche le sue avventure erotiche infinite. Cabrera figlio di piccolissima borghesia urbana le stesse cose, i problemi di un intellettuale che pensa con la sua testa dentro un regime di “dittatura socialista” e le sue molte avventure erotiche. Il primo omosessuale, il secondo eterosessuale. La piccola borghesia castrista ha detestato questi due scrittori, perché non erano ligi ai dettami del regime e perché non si vergognavano del loro eros e di appartenere a un popolo dotato dalla natura di una formidabile carica di simpatia umana e di libertà sessuale. Nel piattissimo film di Schnabel resta solo l’esteriorità della vita di Arenas, non la sua vitalità , e neanche il funzionamento di un regime politico-intellettuale, bigotto ipocrita stalinista. Perché Schnabel abbia voluto questo film resta un vero mistero: appiattisce il personaggio, appiattisce lo scrittore, appiattisce la politica e la storia, appiattisce la tragedia e le contraddizioni cubane. Che si spingono, dopo la caduta dell’imperialismo sovietico di cui il regime si era fatto seguace, fino alla promozione del più sfacciato turismo sessuale, ancorché “di sinistra”. Arenas era un ottimo scrittore, doveva essere una persona assai simpatica, e somigliare un po’, nella sua disponibilità alla vita, al Lazarillo de Tormes che vediamo leggere a un certo punto di questo film televisivo insensato e noioso, ancorché costoso. I camei di Penn e Depp non lo riscattano, e neanche la buona interpretazione di Javier Bardem.
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