Regia di Sabina Guzzanti vedi scheda film
All'Esquilino, in Via Santa Croce in Gerusalemme, esiste uno stabile di 17mila metri quadri, composto da ex uffici. Quello stabile è occupato da quasi quattrocento persone di una ventina di nazionalità diverse (italiani compresi). Uno dei tanti casi di emergenza abitativa in Italia, e in particolare a Roma, risolti con l'arte di arrangiarsi. Ma il caso è salito alla ribalta delle cronache quando, dopo che all'intero stabile è stata tolta la corrente elettrica per insolvenza, il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, ha deciso in prima persona di calarsi nella cabina elettrica e di riattaccare la corrente. Per la Guzzanti è l'occasione per farci assaggiare ancora una volta - a sette anni di distanza da La trattativa - l'urgenza del suo cinema necessario, certamente ideologico e schieratissimo, ma capace di non fare sconti a nessuno. Spin Time (molto meglio il titolo provvisorio: Il palazzo) è una sineddoche dei moltissimi casi in cui l'emergenza casa viene ostacolata da palazzinari senza scrupoli e amministrazioni compiacenti. Al di là dell'afflato idealistico e dell'impegno civile, il film è anche un interessante esperimento di ibrido tra fiction e mockumentary, con i protagonisti di questa vicenda chiamati a interpretare loro stessi. Il che ci fa assistere a vivacissime assemblee condominiali, a interessantissimi esperimenti di teatro dell'oppresso, all'organizzazione del quotidiano, all'acrobatica e fantasiosa convivenza (soprattutto gastronomica, con i miasmi che ne possono derivare) tra etnie diverse. Il tutto cucito mirabilmente da Chicca Ungaro e servito con un dessert in forma di un riuscito rap fanciullesco sui titoli di coda e dalle consuete animazioni (stavolta del bassorilievo che si trova nel palazzo). Peccato solo che lo sguardo della Guzzanti non solchi mai il cancello del palazzo e che la sua voce off sia così inopportunamente liftata.
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