Regia di Pasquale Scimeca vedi scheda film
"Il nostro nemico siamo noi stessi,con le nostre paure che ammazzano la speranza, con i nostri piccoli interessi,con i nostri egoismi!"
Placido Rizzotto.
Corleone 1948
Paesino nell'entroterra palermitano,terra di campieri,gabelloti e feudi.I signorotti locali padroneggiano i terreni,un sistema feudale dal tocco medioevale,i contadini come braccia sfruttate dal potere.Produttori di grano e sudore,al soldo scarso di feudatari prevaricatori.Sono poveri i contadini di Corleone,sudano e tirano la carretta,per mantenere famiglie numerose,dove gradi di analfabetismo e mortalita' infantile sono alti.L'ignoranza comanda tra di loro,un po di cultura non guasterebbe per ribaltare sistemi vecchi di 500 anni.Il 1948 è periodo d'immediato dopoguerra,in paese vi è ancora chi porta i segni d'una passata lotta partigiana.Come Placido Rizzotto,reduce della resistenza,ora sindacalista del lavoro.E' sua la voce che urla e lotta,contro l'arcaismo violento da onorata societa'.La storia di Rizzotto è di quelle da "eroe comune",in terre sicule arse di sole e mafia.Pasquale Scimeca,classe 1956,insegnante di lettere e storia,con la passione del cinema.Scimeca da autodidatta si lancia nel 1992 con la produzione e direzione del film "Sogno perso".E' l'avvio verso una carriera cinematografica di nicchia.Le tematiche del cinema di Scimeca affondano nella Sicilia antica,quella rurale,di banditi,minatori o mammasantissima.Placido Rizzotto è senz'altro la sua opera piu' completa.La visione di Scimeca è personale,di chi ha conosciuto e respirato le aure contadine.Rizzotto è un eroe normale,un giovane che offre la sua cultura e la sua voce,al servizio d'una terra e un popolo.Sarebbe facile in storie cosi affidarsi al taglio da fiction.La regia di Scimeca aggira l'ostacolo,assume parvenze di favolismo raccontato ai giovani.Una delle sequenze iniziali mostra difatti un terrazzo assolato,pieno di scolaresche.Un anziano che narra con voce saggia,pregna di "siculismo".L'uomo parla a voce alta, mostra ai giovani disegni colorati,dal tocco infantile,nel quale vi è una storia:quella della famiglia Rizzotto,e di Placido,il suo figlio "eletto".
Vi è un salto d'epoche,dalla Sicilia odierna a quella antica,nell'immediato dopoguerra.I contorni si fanno quasi trascendentali,il giovane Placido osserva con piglio speranzoso il suo paese,sospira per l'inizio d'un nuovo ciclo,dove l'avversario non sara' piu' il nazista.Sara' un nemico sommerso,un "onorata societa'",che mette le mani su feudi e contadini.La mafia dei Navarra,o dei Luciano Liggio,spietati "signorotti",rispettati e riveriti dalla povera gente.Placido nella sua lungimiranza capira',si scontrera' contro l'ignoranza violenta.Egli nella sua incosciente temerarieta' si scontrera' contro "bravi ragazzi",il suo onore e dignita' saranno preservati per sempre.Ma sara' la vita' ad andare persa,Placido sparira' per mani "ignote",in foibe carsiche che accolgono cadaveri e voci "scomode".E' una storia toccante quella di Rizzotto,accolta nelle mani d'un regista appassionato,che ne trascrive visi e particolari con minuzia egregia.Rappresenta "Passio Christi" come a volerne presagire un fato amaro,narra e racconta eventi in campi lunghi e magnifiche panoramiche.Piu' "Salvatore Giuliano" che "Il Padrino",Scimeca utilizza toni documentaristi,camera fisse citando il capolavoro di Rosi.La mafia come organo "esterno" che agisce sulle virtu' e le dignita' degli altri.La bravura del regista è quella di non rappresentare i "mafiusi" come burattini da crimine o mammasantissima "Coppoliani". Aggira anche questo stereotipo,gli uomini di mafia come "amici" o infiltrati nel legale.Medici come Navarra,spietati quando devono zittire un piccolo pastorello che "Non doveva vedere".Opera bella e complementare con "L'eroismo comune" di matrice cinematografica.La bellezza è nel suo virtuosismo "antieroico" volto a rappresentare Placido come uomo normale,avvicinandolo a noi,e allontanandosi da compiaciute agiografie.Vi è infine una scena bellissima,un passaggio da "pietas cristiana",come in Salvatore Giuliano,di madri che piangono straziate sul corpo del figlio.Scimeca utilizza afflati metaforici nel caso.La mamma di Giuliano addolorata,abbraccia il corpo del figlio,la madre di Rizzotto s'avventa invece sui vestiti e le scarpe ritrovate del figlio.Analogia eccelsa ed efficace,d'un film intelligente,senza presappochismi edulcorati.Ottimo cast,di attori siciliani scelti "ad hoc" nel dare voce ad un "arcaismo" ancora recente.Ammirevole il tocco paesaggista e documentarista,d'una Sicilia dove gli "eroi" muoiono ma le loro idee sopravvivono...........voto 7,5
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