Regia di Ciro De Caro vedi scheda film
Giulia (Rosa Palasciano, autrice anche del copione insieme al regista) è una trentenne romana senza un alloggio. Ha un lavoro precario, il suo quotidiano è fatto di incontri casuali, piccoli furti, espedienti vari, una notte passata di qua e una di là, l'assistenza a un centro anziani per sbarcare il lunario. Refrattaria a qualsiasi principio relazionale, idiosincratica rispetto alle più elementari norme della buona educazione, imprevedibile e sfuggente, Giulia passa la sua estate tra Roma e il litorale laziale in un periodo in cui il coronavirus continua a circolare, caracollando tra la casa del suo ex e quella di un amico/collega che ha preso una cotta per lei.
Al suo terzo lungometraggio (Spaghetti Story, Acqua di marzo), Ciro De Caro conferma la sua poetica con un film dai forti accenti grotteschi che si colloca a metà strada tra la leggerezza di alcune opere di Rohmer, Amore tossico (Caligari) ed Estate romana (Garrone). La sua Giulia è una borderline istintiva, sensuale, una creatura selvaggia indomabile, più vicina al cavallo che va a liberare in sottofinale in una delle scene più poetiche del film che a uno dei tanti soggettoni (impagabile quello di Ciavoni) che popolano una pellicola del tutto fuori dagli schemi, ma originale e pulsante.
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