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Caveman - Il gigante nascosto

Regia di Tommaso Landucci vedi scheda film

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La recensione su Caveman - Il gigante nascosto

di gaiart
8 stelle

SOLO CHI FUGGE DALLA MASSA SI SALVA Mai frase fu più autentica soprattutto in tema di pandemia. In realtà questa massima è legata all'arte e ai suoi creatori che, per produrre si rintanano, quando sono veri artisti, nella solitudine del proprio io, senza troppe distrazioni dalla loro profondità.

LA SPELEOLOGIA E' LARTE DI SCOMPARIRE.

 

In sala 'Caveman - Il gigante nascosto', doc sull'artista più contraddittorio al mondo: Filippo Dobrilla, scultore che rifuggiva dalla massa

 

 

Sorprendente documentario sull'artista e speleologo Filippo Dobrilla che scolpì una scultura gigante a 650 metri di profondità nelle Alpi Apuane.

 

 

CAVEMAN: 'SOLO CHI FUGGE DALLA MASSA SI SALVA'.

 

Assistente alla regia per Claudio Giovannesi e Luca Guadagnino, il giovane, ma antico regista Tommaso Landucci incorona il suo primo lungo dal titolo: Caveman - Il gigante nascosto, con uscite speciali in questi giorni. Il 20 Febbraio a Milano al Cinema Beltrade, ad esempio.

 

Dedicato a Filippo Dobrilla, scultore e speleologo tra i massimi in Italia negli anni '80, a tal punto che scoprì le grotte più estese d'europa, le Ulivi Fer. Fu inoltre autore di un’imponente scultura di marmo che giace a 650 metri di profondità in una grotta delle Alpi Apuane.

 

CAVEMAN: 'SOLO CHI FUGGE DALLA MASSA SI SALVA'.

Mai frase fu più autentica soprattutto in tempi di pandemia.  Caveman - Il gigante nascosto affronta in realtà questa massima, legandola all'arte e ai suoi creatori che, per produrre si rintanano, quando sono veri artisti, nella solitudine del proprio io, senza troppe distrazioni dalla loro profondità. 

Ed è questo il caso, data la storia commovente, originale, ma soprattutto autentica del documentario.

 

ALLA FINE, LA SPELEOLOGIA E' LARTE DI SCOMPARIRE.

 

caveman-il-gigante-nascosto-2.jpg

La recensione

Filmata con la stessa sensibilità con cui il protagonista Filippo Dobrilla scolpisce le sue sculture, così l'attenta regia di Tommaso Landucci, in cui la libertà espressiva dell'artista è paritetica a quella del regista, non condizionata da logiche di profitto o commerciali, ha il rigore di palesarsi  in totale veritas in Caveman.

 

Il lavoro degli artisti è sopportare i committenti, si dice nel film. Così come quello dei registi è spesso di sopportare i produttori, aggiungeremmo noi. Mai verità fu così esatta, dato che spesso chi fa il mercato e chi ha i soldi, o non ha cultura o non ha sensibilità, ma trattiene solo l'arroganza del denaro che pilota scelte insulse.

Anche di questo si parla in modo velato, ma presente in Caveman, l'omaggio a un artista vero, un outsider, che è morto anzitempo, dopo aver scoperto improvvisamente un tumore.

Chi era Dobrilla? "Art for art's sake" e la creazione di opere autoteliche.

Dobrilla era innanzitutto un enigma. Per questo estremamente interessante, non definibile, né etichettabile. Di sicuro era uno speleologo. E di sicuro uno scultore, fondendo le due attività in una crasi artistica dove per trent'anni ha lavorato ad una scultura gigante sotto terra. Il Gigante Nascostoappunto, a 650 metri di profondità, lontano da sguardi indiscreti.

Prodotta per sè stesso e forse per "Art for art's sake", come diceva lo slogan alla base della filosofia che a inizio del 19esimo esprimeva il valore instrinseco dell'arte, l'unica arte vera, quella distante da politica, moralismo e didattica utilitaristica. Questo tipo di di opere sono spesso autoteliche, dal greco, bastanti a se stesse.
Si esplora quindi la vita difficile dell'artista, ma autentica; lontana dagli esperimenti commerciali e dai clamori mediatici: la vita dello scultore Filippo Dobrilla.
La versione latina di questa frase, Ars gratia artis, è usata non a caso come motto della società cinematografica Metro-Goldwyn-Mayer ed è impressa sul fiocco di pellicola presente nel logo dello studio (il fiocco dentro il quale ruggisce il leone). Significa "l'arte per l'arte", ossia "l'arte solo per l'arte stessa".
Con essa s'afferma che la vera arte è fine a sé stessa, e si esclude ogni fine che non sia la pura e disinteressata bellezza: utilitario, morale, politico, sociale, religioso.

Chi più di lui, immergendosi nell'oscurità cercava di rifugiarsi in un luogo dove potersi sentire libero, protetto e distante dai pregiudizi e dai condizionamenti della società contemporanea.

Gli omaggi di Dobrilla ai grandi artisti, spesso toscani come lui, che gli fecero da maestri  sono evidenti; Benvenuto Cellini, Donatello, Michelangelo tutti li ad accoglierlo, persino negli stessi luoghi. Dobrilla ha lavorato sulla storicità, proponendo rivisitazioni. Ad esempio un grande corpo di Narciso, in se stesso, lo scultore che si vede solo dal mento in giù. Oppure quando inserisce le scarpe da tennis ad Apollo, cercando di proiettare l'antichità nella modernità e viceversa.

 

La produzione

DocLab, in collaborazione con Valmyn, è lieta di distribuire nei cinema italiani CAVEMAN - Il gigante nascosto, diretto dal regista Tommaso Landucci. Dopo aver avuto ricevuto il plauso di pubblico e critica all’ultima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Giornate degli Autori, ed essere stato in selezione ufficiale al Festival dei Popoli, esce il film dedicato all’artista Filippo Dobrilla.

Sinossi

In una grotta delle Alpi Apuane, 650 metri sottoterra, si trova l’opera d’arte più profonda al mondo. È un colosso di marmo, un gigante nudo addormentato nel cuore della terra, al quale lo scultore ha continuato a lavorare per più di 30 anni in assoluta solitudine nell’oscurità della caverna. Cosa spinge un artista a calarsi in uno degli abissi più profondi d’Europa per realizzare la sua opera più ambiziosa, ma inaccessibile agli occhi degli uomini? È questa la domanda alla quale Caveman cerca una risposta, muovendosi fra le segrete passioni giovanili di Filippo, il suo desiderio di isolamento, la sua idea di un’arte pura, senza compromessi. Ma l'inattesa scoperta di un tumore cambierà la sua vita in modo radicale. Ancora una volta, Filippo si trova a scivolare nell’oscurità, ma questa volta non c’è modo di tornare alla luce.

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L'intervista

GSS: Che giorno sei nato?

TL: il 07 novembre

GSS: Il lavoro degli artisti è sopportare i committenti, si dice nel film. Così come quello dei registi è spesso di sopportare i produttori, aggiungeremmo noi. Com'è il tuo rapporto con committente, produzione? Sei stato bravo a farti capire. Come hai fatto data l'originalità, la particolarità del film? 

TL: Be devo molto a Dario Zonta di Hollywood Party che ne è stato il produttore creativo e che è un guru del documentario. Ci sono stati degli scontri anche con Doc Lab ma alla fine rispettando le scelte autoritari, motivo del documentario, ce l'abbiamo fatta. Poi anche a Loredana Cristelli, la montatrice, entrambi mi hanno guidato con contatti, consigli e produzione, più esperti di me. Per quanto riguarda Filippo la sua arte non era e non voleva essere commerciale. Non aveva una galleria. Lo ha gestito Sgarbi e non voleva rientrare nelle logiche di guadagno e produzione.

GSS: Per le menti normali fare una statua invisibile, sotto terra in questo caso, è un controsenso. Tu cosa ne pensi? Paradosso o no?

TL: Li per li sembra un paradosso, ma poi conoscendo la personalità di Filippo Dobrilla non lo è più. Era un pò megalomane e narcisista, ma anche nutrito di grande ritrosia e timidezza. Quindi si spiega la sua voglia di non mostrarsi. Da un lato voleva nascondersi e dall'altro voleva apparire. Forse anche scottato da esperienze precedenti ha scelto di ritirarsi. Stava in un posto talmente isolato che ho persino rotto una ruota nel salire verso casa sua, rimanendo bloccato, perché non mi aveva detto che si arrivava solo con un fuoristrada.

forma alta apollo con la scarpa da tennis

GSS: Di sicuro non si deve soffrire di claustrofobia per fare il regista? 

TL: vengo dalla montagna, faccio già arrampicate, ho passato mesi a girare e conoscere la storia delle alpi Apuane, quindi tutto sommato ero già allenato. La discesa è avvenuta solo in verticale e io non ho paura del profondo del nascosto. Poi mi sono anche fatto guidare.D'altro canto lui era il più grande speleologo italiano degli anni '80

La speleologia è l'arte di scomparire.

GSS:  Filippo, un uomo, una contraddizione. La dualità fatta persona, sia nelle scelte artistiche, che emotive o sessuali. Come sei riuscito a rimanere saldo? A quagliare? 

TL: sicuramente chi vuol fare il regista deve avere la capacità della maratona. In più chi scava sull'umano passa inevitabilmente sul filtro dell'uomo. Filippo era una persona straordinaria, lo capivi immediatamente. Ho avuto dei repertori, dei VHS degli anni 80 e 90, in cui si raccontava, e raccontava i suoi amori con qualcuno, uno in particolare uno speleologo, nella grotta. Pur avendo avuto due figli e due compagne, l'eros per Filippo è maschile  e si vedeva anche all'interno del suo mondo produttivo, fatto di Apolli, di Narcisi.

GSS: La difficoltà di girare a tale profondità, solo in verticale. Come ti sei preparato a livello fisico e tecnico?

TL: bè la prima volta ero sceso solo con Filippo ed è stata dura. Ci ho messo venti ore a scendere e dieci a salire. Poi avevo l'aiuto di una grossa troupe del National Geographic capitanate da Tullio Bernabei. E' stato grazie a questa bella troupe che siamo riusciti a riprendere bene in un luogo così difficile. Hanno capito in pieno cosa volevo. Ad esempio, ho chiesto di far sparire la troupe e le loro luci. Così abbiamo collocato luci tutte in giro, nelle rocce per dare la diffusa generale. Il punto di luce era solo quello di Filippo che però non era sufficiente. Le luci dovevano quindi essere collocate tutte intorno e non si doveva illuminare altro. Ti dico solo che per riprendere 4 minuti ci abbiamo messo 6 ore.

GSS: Come ti sei preparato a livello fisico? E mentale? Le paure, gli animali, il buio?

TL: Mi sono sempre tenuto in forma, allenato, anche nella corsa. Poi quando siamo scesi avevo persone a cui chiedere aiuto, non ho fatto training mentale, non mi spaventava scendere così tanto. C'è da dire che li, il buio è veramente buio gli occhi vengono distorti totalmente dal vero. In realtà dopo 30 metri, la sotto la vita finisce. Non ci sono forme di vita. Il grosso delle riprese l'abbiamo fatta tra 250 e i 700 metri.

GSS: Quindi com'è la scultura, bella? Tipo un non finito michelangiolesco?

TL: è un uomo nudo sdraiato che dorme. Si vedono i colpi del mazzuolo. In parte è levigato, in parte no.

GSS: Dato che io, come Woody Allen, non prendo nemmeno l'ascensore, ti stimo molto. Parliamo un attimo delle difficoltà che ti sei trovato ad affrontare. La pandemia, il girare in un buco a 650 metri sotto terra, il carattere difficile dell'artista, la sua malattia e conseguente morte. Ti sei proprio impuntato o è solo masochismo? Della serie, chi la dura la vince?  

TL: E' pura incoscienza, la mia. Ho iniziato a girare nel 2014 e ho finito le riprese nel 2019. Quindi la pandemia l'ho per fortuna risentita solo nel montaggio, ma non nel girato.

GSS: E il rapporto che si crea con una persona così difficile?

TL: E' stato bello. Quando Filippo si è ammalato, il nostro rapporto ha fatto proprio click. Ci ho di sicuro messo molto tempo a far si che si aprisse, che si fidasse di me, anche per sue esperienze passate in cui era stato ferito o usato. Una volta James Ivory mi dette un grande consiglio. Mi disse di tutelare i miei protagonisti e così ho fatto, anche a scapito della produzione, perché Filippo non voleva certe cose e io ho fatto in modo che non ci fossero.

GSS: Nuovi progetti all'orizzonte?

TL: Un nuovo film di finzione con James Ivory dal titolo I levitanti e una sceneggiatura I figli della scimmia

GSS: C’è un detto in ebraico, 'con la loro morte ci lasciano in eredità la vita'. Di solito lo dicono dei soldati che muoiono in guerra. E' come se con la loro morte ci dessero la vita. Che ne pensi? Alla fine sei consapevole che disincarnandosi Filippo ti ha lasciato un film migliore, perchè il protagonista è morto?

TL:  Si all'inizio ti dirò che mi sentivo in colpa. In realtà poi ho capito che non era dipeso da me e ho accolto quello che avveniva.

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