Regia di Federica Di Giacomo vedi scheda film
Un palazzo giallo, simmetrico, nel centro di Roma, alle cui spalle sorge il vaticano è stato il set della vita e delle opere, tutte eternamente incompiute di Mauro Fagioli artista nelle intenzioni ma forse meno nei fatti. Mauro che nell’arte si è rifugiato per poi rimanere intrappolato, nell’attico di quel palazzo ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, fino alla morte.
Il documentario di Federica Di Giacomo è totalmente ambientato in questo “mausoleo funebre”, così rinomina la casa di Fagioli una delle protagoniste che si alternano davanti alla macchina da presa, che diventa teatro di personaggi vicini a Mauro, tutti accomunati dall’essere stati modelli o attori delle sue opere. In particolar modo di quel suo film, lungo e bizzarro in cui tutti hanno fatto capolino ma di cui nessuno si sente veramente partecipe.
La Di Giacomo ci rende testimoni di un commiato lungo e commosso, ci presenta un artista che dall’amore per l’arte si è lasciato consumare, perché dopotutto per una vita ha provato ad afferrarla senza riuscirci mai. Un documentario che si spoglia del compito esplicativo e diventa più che altro evocativo, un raccoglitore di ricordi e pensieri di coloro che Mauro lo hanno conosciuto e vissuto.
Attraverso immagini di repertorio, foto e testimonianze, Il Palazzo diventa un’opera in memoria di un dandy d’altri tempi, imitato da tutti coloro che gli ruotavano intorno, attirati come una calamita dalla sua capacità di vedere l’arte in ogni cosa.
In quella casa dove va in scena il ricordo di un amico e del passato che li lega, i protagonisti sono attori di un teatro dismesso che sembra possedere ancora la magia di colui che lo ha abitato sarà per questo che, sul finale, quando l’ipotetico teatro verrà smantellato, per fare spazio ad una ristrutturazione, si viene invasi da un piccolo pugno allo stomaco e si capisce che Federica Di Giacomo è riuscita nell’intento: rendere Mauro immortale.
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