Regia di Bryan Singer vedi scheda film
Tra gli umani proliferano geni mutanti pericolosi. Molti giovani, scartati da una società spaventata dalla propaganda razzista di senatori corrotti, trovano rifugio presso la scuola del Proessor Xavier (Patrick Stewart), fiero paladino di pace e uguaglianza. I mutanti ribelli abbracciano invece la guerra nichilista di Magneto (Ian McKellen), convinto sostenitore della loro superiorità.
Brian Singer, acclamato regista de I soliti sospetti, con la sua prima trasposizione dei mutanti Marvel, getta le basi di un nuovo filone blockbuster, che di lì a poco spopolerà con l’incredibile successo dello Spider-Man di Sam Raimi.
L’aspetto più affascinante degli X-Men, i “supereroi con superproblemi” creati negli anni '60 da Stan Lee e Jack Kirby, è la morale del “diverso”: il loro agente mutageno è un handicap che li rende pericolosi e temuti dagli umani, un fardello da nascondere con la vergogna per gli adolescenti. Lo stesso Magneto, di origini ebraiche come i suoi stessi creatori, non è un malvagio in senso assoluto. L'odio che nutre per l'umanità affonda nelle brutalità subite dalle persecuzioni naziste: l’uomo rappresenta dunque l'incarnazione perpetua dell'intolleranza. Eppure, paradossalmente, abbraccia il folle disegno di Hitler, ripetendone le gesta nel suo personale Mein Kampf, fondato sull'esaltazione della superiorità razziale dei mutanti. Dietro invece il fragile corpo del paraplegico Professor Xavier si cela un potere immenso: la capacità di controllare le menti.
La corona di protagonista spetta a Hugh Jackman, all’epoca sconosciuto figaccione australiano (che soffiò la parte a Mel Gibson) scelto per vestire i panni di Logan/Wolverine, ribelle solitario dagli artigli retrattili di adamianto, decisamente meno animalesco della sua controparte del fumetto. Tra i mutanti, la giovane Rogue dal tocco mortale (Anna Paquin), l’africana Ororo/Tempesta (un'affascinante Helle Barry), Jean Grey (Famke Janssen) dai misteriosi e latenti poteri mentali (simili a quelli di Xavier), il marito Scott Summers (James Marsden) dalla devastante vista laser, pupillo del Professore. Dalla parte dei cattivi, si conquista la scena Mystica (una sensuale Rebecca Romijn coperta da un impressionante make-up), pericolosissima e astutissima mutaforma.
I dialoghi, talvolta eccessivamente autoreferenziali, sono stemperati da una buona dose d’ironia. “Ne preferivi una gialla?”: in risposta alle lamentele di Logan sulle uniformi nere, una frecciatina ai fan delusi dall’assenza dell’iconico costume colorato.
Non abbondano ancora eccessivamente gli effetti digitali e Singer può concentrarsi efficacemente sulle interazioni conflittuali dei suoi personaggi, sfoderando alcune sequenze d’azione davvero epiche, come la battaglia alla Stazione centrale di New York. Il finale apre al sequel con una misteriosa scena prima dei titoli di coda.
A fianco di Avi Arad, Kevin Fiege (la mente dietro la fortunatissima saga Avengers, che vedrà luce una decina d’anni dopo) e Richard Donner (regista di Superman, primo supereroe cinematografico moderno), Stan Lee è accreditato come produttore esecutivo, concedendosi il primo di una lunghissima serie di camei (nella parte di un passante presso un venditore di hot-dog). Nel suo piccolo, il film di Singer è un vero e proprio bignami del cinefumetto a stille e strisce.
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