Regia di Bryan Singer vedi scheda film
Primo capitolo della saga Marvel sui mutanti; un film compatto e ben gestito da Singer, in cui contrasti e sentimentalismo, oltre agli usuali effetti speciali, rendono onore all’archetipo fumettistico.
Il primo capitolo sui mutanti Marvel non nasconde minimamente il fatto di essere solo il principio di una (lunga) saga. Oltre al finale, aperto e proiettato verso nuovi, avvincenti capitoli, tutto il film sembra costruito per rappresentare una sorta di introduzione al mondo degli “X-men”, il primo round insomma della sfida fra i mutanti buoni (o per meglio dire “ottimisti”) e quelli cattivi, che non si fidano del genere umano, rappresentato dalla sceneggiatura come inetto ed insensibile, rovesciando la normale prospettiva su chi siano i veri mostri (con la conseguenza che la matrice politica del film è più preponderante di quanto ci si aspettava). Tutto il film vive di contrasti. Per esempio, il mondo è diviso in fazioni: i nazisti e i deportati, gli uomini e i mutanti, addirittura questi ultimi divisi in due ulteriori scuole di pensiero; un muoversi attraverso dicotomie che calca la mano sul concetto manicheistico di certe situazioni, che gioca con evidenza sulla dualità forti versus deboli, con i mutanti relegati in quest’ultima categoria: nonostante un’apparente invincibilità essi appaiono reietti ed emarginati.
Il talentuoso regista Bryan Singer inscena la famosa saga Marvel, tentando di mantenere una certa fedeltà all’archetipo fumettistico, per la verità più nei contenuti che nella messa in scena (per tutta la prima parte, prima che prendano il sopravvento gli importanti effetti speciali, il sigaro di Wolverine appare come l’unico oggetto vintage o comunque unico elemento a reggere la dimensione transmediale tra il comic e il suo epigono cinematografico).
Un film nel complesso avvincente, che afferma e conferma lo stile Marvel (incarnato da battute pungenti, perenne riferimento al nazismo e grande importanza conferita ai sentimenti dei protagonisti, passando per l’usuale comparsata di Stan Lee), avvalendosi di una colonna sonora e soprattutto di una fotografia di primissimo livello. Prova attoriale magistrale della vecchia generazione (McKellen e Stewart) come di quella nuova (tra cui spiccano i corpi mozzafiato di Rebecca Romijn, Famke Janssen e Halle Berry, più ancora del volto emblematico e rappresentativo di Hugh Jackman nei panni di Wolverine).
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