Regia di Francesco Maselli vedi scheda film
Un discreto film, che appare però come un’intelligente autocritica a sinistra, che ai tempi la stessa sinistra ha voluto denigrare, ovviamente sbagliando.
È una denuncia dei propri mali, operata all’interno della cultura sessantottina: parolaia, depressa e triste. “Siamo nella merda sino al collo” è il Manifesto, non del partito comunista o di chissà che ad esso correlato, ma è il manifesto della condizione esistenziale di tanti protagonisti di quella stagione: che fondamentalmente parlano solo per darsi un tono. È anche il problema dell’eterna teatralità, che in Italia più che altrove è servita a una funzione negativa in chiave esistenziale (senza però dimenticare lo straordinario contributo che la tradizione teatrale ha avuto in Italia, sia chiaro!): spesso essa è servita a mascherare l’inconcludenza e la frustrazione personali; spesso ha dato uno sfogo in modo da cercare di coprire la propria reale inconsistenza tramite un’apparente profondità, una profondità non reale che via via è stata paludata tramite varie falsificazioni: intelligenza inarrivabile, parola oracolare…
Se il quadro umano è squallido, non è colpa del regista: è colpa di chi si è beato di quella dimensione umana, anche con tanti opportunismi in vista dell’arrivismo e del felice apparire agli occhi altrui. E chi allora se lo è potuto permettere, è solo perché ha avuto i genitori ricchi: non tanto per intelligenza, non tanto per cultura, non per tanti altri motivi. I genitori ricchi, il vivere potenzialmente di rendita, soprattutto il non essere a propria volta esposti in modo decisivo ai problemi della povertà (problemi che però attanagliano il 90% della popolazione, almeno): questa è stata la discriminante che accomuna i protagonisti del film, i quali sono ancora più censurabili proprio perché si ergono a paladini degli indigenti, e nel contempo vogliono fare finta di non accorgersi dei privilegi (tutti di natura economica) di cui non vorrebbero mai spogliarsi, privilegi di cui i medesimi indigenti saranno sempre privi. E in questo film le donne fanno una figura meno squallida degli uomini, perché rispetto agli uomini sono meno inautentiche.
Questa pellicola ha una sola cosa eccellente: purtroppo, si tratta delle scene delle torture inflitte agli studenti che manifestavano; così realistiche, così necessarie da far conoscere al grande pubblico nella loro reale scandalosità.
Per il resto, Maselli ha voluto una fotografia sgranata, e mossa, e con un bianco evidente: elementi che farebbero parlare di capolavoro, se non fossero sproporzionati in eccesso rispetto alla materia esibita.
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