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Lettera aperta a un giornale della sera

Regia di Francesco Maselli vedi scheda film

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La recensione su Lettera aperta a un giornale della sera

di Peppe Comune
7 stelle

Un gruppo di intellettuali di sinistra, durante una delle loro simpatiche festicciole, un pò per gioco e un pò per frustazione ideologica, redigono una lettera in cui si dichiarano pronti a partire volontari per il Vietnam e appoggiare la lotta di liberazione del popolo in armi. Dapprima snobbata, l'iniziativa viene ripresa con grande clamore dai media e quella che sembrava una goliardata da salotto diventa la base di un vasto movimento che coinvolge intellettuali di tutto il mondo, la testa della "brigata internazionale della cultura".

 

http://www.sentieriselvaggi.it/public/articoli/21521/Images/200726051065121521.jpg

Lettera aperta a un giornale della sera - Scena

 

"Lettera aperta a un giornale della sera" di Francesco Maselli è un film assolutamente sui generis, a suo modo molto originale sia per la struttura stilistica che per l'eterodossia dei contenuti. E' oggi un film certamente dadato (salvo la sua utilità storiografica) ma che all'epoca presentava una cifra stilistica (fotografia sgranata, fuorisincrono, montaggio) che rimandava ai legami, oltre che con la Nouvelle Vague francese, al cinema di John Cassavetes. La critica dell'epoca lo definì "il primo vero film politico italiano"  ed in effetti il film è impastato nei fermenti culturali degli anni sessanta e ne restituisce bene il clima, soprattutto quell' "inconsistenza febbrile", come ha detto lo stesso Maselli, riferita alle avanguardie intellettuali tanto brave nelle elaborazioni teoriche, quanto spaventate di fronte a ogni possibilità di trasformarle in azioni concrete. C'è molto di autobiografico in questo film e Maselli non ha avuto problemi ad ammettere che la critica a certo velleitarismo culturale, a un modo "salottiero" di perorare la causa rivoluzionaria (e la vacuità dell'iniziativa che da corpo al film sta a dimostrare proprio questo), sa molto di autocritica. "Volevamo cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato noi" dice ad un certo punto il professor Dal Fabbro e questa frase è esemplificativa dell'ambivalenza che ha sempre albergato nel comportamento di molti militanti di sinistra rinvenibile nella dissonanza tra l'adesione pubblica al partito e le pulsioni critiche private. Del resto all'epoca c'era un grande desiderio di fare e la ricerca sui modi più idonei per arrivare al fine prefissato, era un bisogno che percorreva in lungo e in largo la società italiana e percuotava di continuo le basi del partito comunista. Per questo ritengo che il film di Maselli abbia il suo pregio migliore nel fatto di inquadrare bene il periodo e di servire perciò allo scopo di fare un po di giustizia sul modo volutamente superficiale di dipingere il partito comunista dell'epoca come un monolite compatto la cui ortodossia veniva acriticamente accettata dai suoi iscritti. In realtà tra loro c'era più dialettica di quello che si pensi oggi e ciò era dovuto essenzialmente al fatto che il partito ha sempre rappresentato lo spazio principale entro cui coltivare le speranze di cambiamento e moltissimi giovani che iniziavano a farvi militanza erano spinti più da questa superiore  esigenza etica che dalla fideistica adesione alla sua disciplina. Il discorso sarebbe lungo e complesso (fosse solo perchè investe direttamente l'endemica divisione della sinistra italiana) e se ho evidenziato questo aspetto è perchè ritengo che la buona resa del clima culturale coevo sia un merito che vada ascritto al film. Tornando alle faccende più strettamente cinematografiche, direi che anche se non arriva al livello di un capolavoro come "Il sospetto","Lettera a un giornale della sera" rappresenta una felice tappa nella filmografia dell'ottimo Francesco Maselli.

 

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