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Lettera aperta a un giornale della sera

Regia di Francesco Maselli vedi scheda film

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La recensione su Lettera aperta a un giornale della sera

di undying
1 stelle

Cinema politico, e fanatico, fine a se stesso. Un fiume di dialoghi cervellotici che non portano da nessuna parte, per un film che vorrebbe criticare taluni militanti del PCI, ben inseriti nel contesto sociale e piuttosto distanti dalle reali condizioni (e necessità) della classe sociale rappresentata.

 

locandina

Lettera aperta a un giornale della sera (1970): locandina

 

Intellettuali di sinistra, ma dalla buona posizione economica e sociale, si ritrovano a discutere di politica. Non hanno di meglio da fare che inventarsi una specie di gioco: scrivono a Paese sera, giornale con chiara tendenza politica, una lettera in cui si dichiarano pronti a partire per la guerra, nel caso in cui il fronte di liberazione del Vietnam sia disposto ad accettare il supporto dei militanti del Partito Comunista Italiano. Certi che il giornale non pubblicherà la loro dichiarazione, restano sorpresi quando la stessa appare su L'espresso. Il gioco si fa serio, perchè alla resa dei conti nessuno di loro è intenzionato a rischiare la vita veramente...

 

"I comunisti non hanno mai detto che la rivoluzione sia una semplice questione di volontà, è questione di volontà la trasformazione di un partito." (Dichiarazione di Antonio Gramsci, in didascalia dopo i titoli di testa)

 

Quando il cinema che batte Bandiera Rossa si fa esplicito, la noia regna sovrana. Il documentarista Maselli, chiaramente tesserato PCI del tempo, scrive un film dal ritmo insostenibile nonostante l'ottimo cast (con Nanni Loy in testa per bravura). Dialoghi logorroici senza capo né coda, una regia minimalista che abusa di zoom e di un montaggio sclerotico (soprattutto gli ultimi venti minuti), una fotografia indecente e una colonna sonora raffazzonata e improvvisata: tutti elementi che contribuiscono a rendere insopportabile la pellicola. Tra una sigaretta e l'altra messa in bocca ai confusi protagonisti, e massime filosofiche da intellettuali che ben si guardano dal lavorare, va in scena un film che vorrebbe essere un'autocritica rivolta ai militanti.

 

Di fatto l'impegno sociale, o civile, non è di queste parti, mentre mai c'è verso che il regista riesca a strappare un sorriso se non invece arriva egregiamente a diffondere una noia mortale che fa rimpiangere le competitive commedie di Franco e Ciccio. Immaginiamoci a suo tempo il povero operaio che per tutta la settimana ha lavorato duramente: arriva la fatidica serata di relax e decide di andare al cinema con la famiglia, ma quando ha ormai preso posto in sala per vedere questa perla di politica da salotto buono, può solo rimpiangere il lunedì mattina. Momento sicuramente più interessante e divertente degli oltre novanta minuti offerti da un (non) film come Lettera aperta a un giornale della sera. Bisogna avere il coraggio di ammettere che gli anni '70 hanno dato origine anche a cose inclassificabili, come questa. Al di là delle idee politiche degli specifici registi. 

 

"Il PCI nella maggioranza? È assurdo credere che si possa conciliare democrazia e dittatura." (Mario Tanassi)

 

 

F.P. 08/12/2019 - Versione visionata in lingua italiana al Porretta Film Festival - XVIII° edizione

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