Trama
C. è una sound designer di talento, appassionata al suo lavoro. Quando però consegna un paio di lavorazioni sul mix del suono con evidenti difetti di sincronizzazione, i suoi colleghi ipotizzano che stia attraversando una fase di instabilità psicologica e smettono di affidarle nuovi progetti. C. si rende conto che, come in un film dalla colonna sonora fuori sync, la sua mente ha iniziato a processare i suoni in ritardo rispetto alle immagini. Giorno dopo giorno l’intervallo di tempo tra immagini e suono aumenta e C. è costretta a lasciare il lavoro e a riconsiderare tutta la sua vita.
Curiosità
LA PAROLA AL REGISTA
"Quando immaginavamo la disfunzione che il destino segna sul personaggio principale, non volevamo di certo replicare fatti reali. C'era il desiderio primario di giocare con gli strumenti di base del cinema e una certa intenzione di sperimentale formalmente con i parametri della narrazione classica.
Quasi per caso, però, abbiamo scoperto che la sindrome di cui soffriva la nostra sound designer esiste realmente. Durante le fasi di documentazione per il film, ci siamo imbattuti nella storia di "PH", un pilota commerciale sudcoreano che sente fuori sincrono. Abbiamo scoperto che i pazienti che soffrono di questo disturbo finiscono per abituarsi alla cosa e imparare a convincerci. Sappiamo molto del mondo dei sordi o dei daltonici, cercavamo quindi universi simili di cui volevamo parlare. Durante la fase di scrittura, abbiamo anche cercato di vivere gli stessi disturbi che avrebbe dovuto vivere durante la sua odissea la protagonista. Facendo uno sforzo immane, pensavamo di averla capita ma la sua personalità aveva degli assi nella manica che nemmeno noi conoscevamo ancora. Da un lato, erano dovuti alla asincronia stessa, che ha finito per decidere il tono stesso del film. Dall'altro lato, erano dovuti alla spinta che l'attrice Marta Nieto ha dato al personaggio, portandoci molto più lontano di quanto immaginasse la sceneggiatura.
Sin dall'inizio, volevamo realizzare un film di genere a suo modo unico. Abbiamo avuto come referenti titoli che ha segnato la mia infanzia, come Carrie o La zona morta, o i fumetti della Marvel, fino ad arrivare a film molto più recenti come Thelma o Border. A un certo punto, abbiamo fatto riferimento persino a Cantando sotto la pioggia. Da questo mix di stimoli, si è fatto strada Out of Sync.
Come faccio di solito, abbiamo applicato alcune regole ancora prima di iniziare a scrivere. Insieme a Javi Arrontes, il nostro direttore della fotografia, abbiamo progettato due codici di base per la messa in scena, uno per le sequenze sincrone e un altro per quelle asincrone. [...] Avevamo anche delle regole per la narrazione. Lei vive in una sorta di podcast permanente. All'inizio è solo emotivo, poi è anche sensoriale. Non ci sono dialoghi in cui i personaggi parlano faccia a faccia di "ciò che conta", "ciò che è importante". Tutto l'essenziale è nascosto o rinviato. Ci sono anche delle regole che riguardano la post-produzione: niente musica, tranne quando proviene specificamente dall'azione stessa del film. Usare musica sincronica non diegetica, implicava tradire assolutamente lo spirito di questo progetto. E nessun effetto visivo evidente, il soprannaturale doveva provenire totalmente dall'universo sonoro.
La sceneggiatura descriveva un personaggio che soffre di asincronia sensoriale, cadendo in uno stato di squilibrio totale. E anche qualcuno che cerca il proprio posto nel mondo in maniera inaspettata. Abbiamo allora inventato le regole di una condizione originariamente soprannaturale: la latenza".
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