Regia di Monica Stan, George Chiper-Lillemark vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 78 - GIORNATE DEGLI AUTORI - MIGLIOR FILM - MIGLIOR OPERA PRIMA
La giovane ed ancor minorenne Diana entra in un centro di disintossicazione per tentare di uscire dal circolo vizioso della dipendenza da droghe, procurata frequentando il suo primo ed unico ragazzo fino a quel momento incontrato.
Con la sua aria angelica, la bionda ragazzina attira presto su di sé le attenzioni per nulla gratuite dei brutti ceffi che la circondano, che tuttavia, di fronte alla sua manifesta pseudo-ingenuità, finiscono in qualche modo per approfittarsi di lei, senza tuttavia soggiogarla e anzi simpatizzando con lei in un lasso temporale per altri impossibile.
Vivendo in quel luogo isolato, ma che nel contempo li lascia molto più liberi di organizzarsi e gestire le lunghe giornate senza troppe preoccupazioni che non riguardino l'esigenza di farsi o di disintossicarsi, la giovane imparerà a fare di necessità virtù e a sfruttare quel suo sconosciuto appeal nei confronti di chi la circonda, per trarne immediati ed utili giovamenti.
Girato quasi solo sul volto della candida protagonista, Imaculat studia il comportamento dell'individuo costretto a convivere in un habitat vincolato e anche pieno di insidie, analizzando lo spirito di adattamento del singolo, come una funzione quasi istintiva insita nel programma di sopravvivenza che anima ogni vita umana ed animale, e che trova nell'uomo l'alleato congeniale di una intelligenza che finisce per coadiuvare il naturale spirito d'adattamento dell'individuo analizzato come essere vivente ed animale.
Forte di alcuni riferimenti almeno in parte autobiografici, il film di Monica Stan (anche sceneggiatrice) e George Chiper-Lillemark si distingue dai comuni film a tematica carceraria per il sostanziale ribaltamento della figura della vittima designata, che assume in poco tempo e senza eccessivi colpi di scena, ma quasi lungo un naturale processo di sintesi di ruoli, una posizione cardine del nuovo equilibrio del sistema, senza escludere i connotati di una sessualità femminile e di una forte carnalità che solo apparentemente stride con l'ambiente promiscuo, e dunque fino a quel momento fortemente maschilista, che regnava in quel sottobosco inquieto tra disagio e dipendenza.
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