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El Gran Movimiento

Regia di Kiro Russo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su El Gran Movimiento

di obyone
4 stelle

 

scena

El Gran Movimiento (2021): scena

 

Venezia 78. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

È ambientato a La Paz "El gran movimento" e fin dalle prime immagini sembra un lavoro affrontato con pochi mezzi anche se reperire informazioni specifiche che confermino l'impressione risulta assai difficile. Diamo dunque per buona la "grana grossa" delle immagini come cifra stilistica e scelta autoriale di questa seconda creatura del regista Kiro Russo. Ci sta. In fondo a quelle altitudini il cinema potrebbe essere arcaico e pioneristico, certamente scarso di capitali e mezzi tecnologici, ma anche autoriale nel suo modo di affrontare un linguaggio espressivo che sia più confacente alla realtà che lo avvolge, una realtà stratificata come le rocce su cui la città si inerpica da secoli.

Ambientato nella capitale più alta del globo e con un dislivello tra la parte più a monte e quella più a valle di ben 1.000 metri, colmabili attraverso una linea metropolitana di funivie, La Paz è anche una città dai profondi squilibri economici. Costituita sulle basi di una notevole diversità culturale, la capitale e il suo interland sono da sempre ricettacolo di poveracci, quasi sempre amerindi discendenti del grande popolo inca, che abbandonano le privazioni dei loro villaggi per cercare fortuna. È il destino comune di tre uomini che, lasciate le miniere, si recano a La Paz per manifestare contro le condizioni di lavoro a cui sono sottoposti. Per uno di essi, Elder, è il ritorno ai propri natali. Elder spera di ricevere una mano dalle vecchie conoscenze della madre e di trovare un impiego per tirare avanti.

Russo segue i minatori nei saliscendi della città, mentre cercano lavoro, si ubriacano, consumano le poche energie trasportando casse al mercato. Elder, in particolare, di forza ne ha poca, e quella poca viene spesso scambiata per pigrizia almeno finché non appare una febbre fastidiosa a prIvarlo dei segni vitali. È a quel punto che il regista abbandona l'uomo e si sposta in un bosco, sulle montagne, per seguire i passi di un altro personaggio, impossibile da etichettare fino alla conclusione delle vicende del minatore. Il cambio di scena è un salto nel vuoto all'interno dei vertiginosi crepacci dell'Intillimani. Disorienta, infligge allo spettatore un senso di frustrazione che si cristallizza nella noia più irrequieta.

La Paz che sembrava, fino a quel momento, la protagonista del film viene abbandonata per vagare in compagnia di un barbone che raccoglie foglie e poi se ne va a zonzo con la calma che si addice ad un vagabondo. Elder viene abbandonato dal suo creatore e lasciato a se stesso, mentre frigge nelle sue febbri, in un cambio di prospettiva che infastidisce perché arriva molto in là quando cioè il film sembrava aver assunto un'identità precisa che invece evapora all'improvviso.

Un diverso montaggio, magari alternato, avrebbe consentito di seguire le due linee narrative evitando il totale straniamento a cui Russo ci consegna a metà film senza che le immagini abbiano la reale capacità di creare aspettative attorno al cambio di direzione impresso dal regista che tornerà a fare i conti col suo uomo e la malattia nel finale. 

 

scena

El Gran Movimiento (2021): scena

 

Oltre al montaggio ci sono altre questioni che lasciano qualche perplessità. Russo sembra tirare in ballo la pandemia nella febbre che consuma il povero Elder. Nessuna parola, però, viene spesa per suffragare l'ipotesi finché non si sente da una radio un bollettino di morte diramato dallo speaker. A quel punto, benché non si parli mai apertamente di Covid non sembrano esserci dubbi.

Il flagello ha prodotto finora 19.000 decessi ufficiali in Bolivia. Il velato accenno alla malattia rende "El gran movimiento" pioniere in un'industria cinematografica che non ha ancora metabolizzato la crisi sanitaria e stenta a riferirsi apertamente ad essa (fatti salvi alcuni horror, come Shelter in place o Covid killer, che troverete recensiti dall'utente @undying e l'Orso d'Oro 2021 "Sesso sfortunato o follie porno"). Il regista in questo mostra coraggio tuttavia non mi cinvince l'approccio alla materia, che nel nome della "neutralità" tipica del documentario lascia trapelare argomentazioni difficili da condividere circa l'utilità di curare la malattia con pozioni, medicamenti naturali e riti sciamanici. Se lo scopo, di Russo era documentare le "vie secondarie e alternative' alla scienza, perché unica possibilità dei poveri di accedere alle cure mediche allora lo scopo del regista si può dire raggiunto. A contrario se Kiro Russo voleva dimostrare l'inefficacia di tali rimedi allora la soluzione finale non sembra portare a tale conclusione lasciando avvertire, piuttosto, una senso di sfiducia verso la medicina, che in tempi come questi è fin troppo pericoloso sostenere. 

 

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El Gran Movimiento (2021): scena

 

Queste questioni non sembrano aver creato alcun imbarazzo nel presidente di Orizzonti Jasmila Zbanic, regista di cinema civilissimo e impegnato, che, assieme ai colleghi, ha tributato Kiro Russo del Premio Speciale della Giuria all'ultima mostra di Venezia. Per chi scrive un premio fin troppo generoso per un'opera che si apre e si chiude con un corollario frenetico di immagini che si alternano a rapida velocità come in un servizio giornalistico di Tv7 ma che nascondono la velleità di riempire uno spazio filmico spoglio e argomentato in maniera approssimativa e tendente al facile equivoco. 

 

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El Gran Movimiento (2021): scena

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