Regia di Rodrigo Garcia vedi scheda film
Il figlio di Gabriel Garcia Marquez si mette alle redini di questo enorme gineceo melodrammatico, in cui non si capisce benissimo quale sia il capo e quale la coda. Intorno al fittizio (e decisamente poco definito) suicidio di una donna, si dipanano storie di varia natura, sempre con donne protagoniste. Tra la bancaria confusa, la mangia-uomini cieca, la cartomante lesbica e l’ostetrica frustrata c’è un fil rouge inalienabile: la ricerca di se stessi e la tremenda lotta per sopravvivere in un mondo in cui fattucchiere, clochard, handicappati e quindicenni sembrano saperne di più di navigati professionisti dediti al lavoro, ma non ai sentimenti reali. Tra le mille chiavi di lettura di questo “Le cose che so di lei”, opera prima di Rodrigo Garcia, non ce n’è una preponderante. Redenzione? Penitenza? Alienazione? Nulla esattamente descrive appieno i temi e le atmosfere del film. Il film è tutto e niente. È sfumato, ma drastico, confusionario, ma per certi versi metodico. L’impressione, valutandone il versante puramente tecnico, è che la frammentazione della sceneggiatura sia una (interessante) sperimentazione (nemmeno tanto originale) che sa di sensazionalismo, ma in fin dei conti funge da salvagente per un drammone pesante le cui vicende paiono inventate in corso d’opera; emblematico in qeusto senso la partecipazione inutile di Valeria Golino che, messa nel ruolo più drammatico del film, esibisce le medesime faccette catatoniche mostrate nel brillante “Hot shot!”).
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