Regia di Eric Gravel vedi scheda film
La Francia continua, quasi senza sosta, a produrre film di critica sociale, allineandosi a quello che significa ancora, in quel paese, lo scendere in strada a difesa del lavoro e dei diritti. "Full Time" s'inserisce, appunto, in questo filone, con l'esordio di Eric Gravel, che fa ben sperare per un futuro post Dardenne o Loach, tanto per restare nei maestri del genere. Gravel sceglie un'attrice meravigliosa come Laure Calamy, donna separata, con due figli piccoli, abitante in un paesino appena fuori Parigi, dove ha un lavoro come governante in un grande hotel. Il regista fin dal primo minuto, la pedina dalla sveglia, molto mattutina per via degli scioperi nella capitale, che stanno paralizzando il servizio pubblico. Da quel momento in poi, il film non rallenta mai, tutto nel corpo e nel volto di questa donna, intrappolata fra le maglie di una metropoli semi paralizzata, da un lavoro che non accetta ritardi, dai figli che esigono una madre e da un conto in banca che non permette passi falsi. Una macelleria sociale che partendo dal personale, amplifica il suo messaggio a tutta la società francese (e non), buttandoci in faccia l'olio bollente di una vita non più sostenibile, nevrotica e alienante. Julie è una pendolare senza più fiato, costretta a ritmi assurdi e a poche soddisfazioni. Il ritmo è fondamentale in questo piccolo film, solo un'ora e mezza ma densissima, non certo per renderlo più gradevole ma proprio per farci vedere, come in uno specchio, quello che siamo diventati. Interpetazione straordinaria per la Calamy, (Premio a Venezia 2021, sezione Orizzonti, così come per il regista), con un finale ambiguo, forse doppio, a seconda che siate pessimisti o ottimisti. Molto buono.
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