Regia di Michel Franco vedi scheda film
Non già il crepuscolo in cui ancora si scorge la commovente luce del giorno (sunset) ma la discesa del sole nelle regioni ctonie al di sotto di un orizzonte da cui non c'è ritorno (sundown).
La lussuosa vacanza ad Acapulco di una famiglia di facoltosi imprenditori britannici viene interrotta da un lutto improvviso che impone un precipitoso ritorno in patria. A questo si sottrae con una scusa Neil, lasciando la sorella ed i suoi due nipoti alle loro tristi incombenze per oziare ancora per un po' tra le assolate spiagge messicane.
Catabasi...en plein soleil
Quale riflesso di una visione della vita che fonda le relazioni umane sulle dinamiche di potere all'interno di una circoscritta cerchia familiare e sulla apparente ambiguità delle motivazioni profonde che muovono i suoi personaggi, anche in questa riedizione mortifera di una elaborazione del lutto che vede Tim Roth come protagonista dopo il precedente Chronic, il messicano Franco gioca a spiazzare lo spettatore, presentando una vicenda che, in pieno sole, finisce per nascondere molte delle ombre che si celano in quella regione inesplorata che ciascuno serba, sconosciuta, dentro di sè. Girato e montato a detta dell'autore in piena libertà rispetto al più rigido controllo operato sulle produzioni precedenti, è un film che si struttura su due piani spaziali divergenti e contigui, dimensioni di un agire in cui l'assolato teatro in cui si muovono i personaggi (una Acapulco fotografata come vera e propria protagonista della storia) è l'abbacinante contraltare di un oscuro mondo interiore, nascosto alla vista e per questo foriero di una ambivalenza interpretativa lasciata alla buona volontà dello spettatore, ma anche latrice di un messaggio non banale sul vero significato dell'esistenza e della fondamentale consistenza della nostra reale identità (di figli, fratelli, amanti oppure della ineludibile dissoluzione che precede il definitivo tramontare del giorno). Nel chiasmo esibito dal doppio equivoco: nei rapporti familiari (non marito e moglie) e nelle motivazioni (non omicidio su commissione ma rapimento), il cupio dissolvi di un uomo che ha perso qualsiasi legame con il l'ordinario corso dell'esistenza e che non finisce per sdoppiarsi come il Ferdinand/Leon di Celine (uno soccombe e l'altro sfanga l'alba in osteria) e nemmeno reagisce con l'immotivata violenza del Meursault di Camus (un orfano omicida, se non fratricida), ma si abbandona all'edonismo indolente di chi procrastina senza convinzione un finale di partita che in realtà è stato già scritto. In fondo la rottura dei rapporti familiari è solo la frattura che segue un sommovimento tettonico (la scopera di una condizione terminale) che mette a nudo la natura profonda di ciascun personaggio, lo riconduce al panico di una disperazione esistenziale cui reagire con egoismo e noncuranza, con incoscienza o indifferenza, con incondizionata generosità e definitiva rinuncia a se stessi; in un ribaltamento di quei rapporti di potere e di quei valori sociali che rendono iservibili immensi patrimoni e insignificanti le differenze di censo. Non già il crepuscolo in cui ancora si scorge la commovente luce del giorno (sunset) ma la discesa del sole nelle regioni ctonie al di sotto di un orizzonte da cui non c'è ritorno (sundown). La camicia svolazzante indossata da una sedia vacante è il simbolo definitivo di una sparizione umana già ampiamente anticipata dal carpe diem di un novello Mattia Pascal che a differenza di quello pirandelliano non farà mai più ritorno a casa.
Presentato in anteprima in concorso alla 78ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e vincitore della 'olimpica' Stella d'Argento nell'egiziano El Gouna Film Festival 2021.
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