Regia di Michel Franco vedi scheda film
Da un film o da un libro il fruitore solitamente si aspetta un certo livello di logica, una narrazione che abbia inizio e conclusione, una canzone o un quadro sono invece creazioni artistiche che per la loro natura non sono legate a queste aspettative, e possono godere di una maggiore indeterminatezza. Ebbene, lo spettatore di questa pellicola non pretenda rigore narrativo, ma si lasci andare ad una esperienza "impressionista". Come si evince dalle parole del regista, gli elementi dell'opera sono essenzialmente due: la violenza, la criminalità in Messico e in particolare ad Acapulco, che l'autore conosce bene e in cui ha potuto sperimentare personalmente l'atteggiamento di prevaricazione delle forze dell'ordine, episodio nel quale ha temuto per la propria incolumità, e la consapevolezza della caducità delle cose, e della vita stessa, sentimento incarnato dall'atteggiamento del protagonista, dall'approccio nei confronti della realtà e dei problemi che gli si presentano durante la vicenda, come la sparizione delle sue cose nella stanza d'albergo. E' in questo secondo punto che risiede l'essenza del film, se lo spettatore riesce, dopo il primo impatto, a calarsi nelle vesti dell'ottimo Tim Roth e a riuscire a vedere le cose come le vede lui, non ci sarà alcun bisogno di chiedersi quale sia il significato dell'ultima inquadratura. Perché la fine, quale che essa sia, non conta.
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