Regia di Michel Franco vedi scheda film
essere o non essere? più semplicemente, solo non essere
No two people will see the film the same way.
Peter Debruge da Variety
Questa affermazione del critico di Variety è la cosa più sensate che si possa dire su Sundown, film del messicano Michel Franco presente a Venezia 2021.
Perché la più sensata?
Perché è vero, non ci saranno due spettatori che guarderanno e interpreteranno il film allo stesso modo.
Ognuno, durante la visione, esce dalla sua confort zone, quel bel posticino dove ci crediamo eterni, tutelati dalle nostre guardie del corpo faticosamente guadagnate in anni di sudato egoismo, di rassicurante narcisismo, di incrollabile certezza di essere depositari della verità. E anche quando siamo in crisi nulla scalfisce la nostra posizione centrale sul palco.
Perciò questo film è un test di Rorschach.
Ottantatre minuti di cui circa sessanta lenti, enigmatici, scanditi a tratti da onde che si infrangono sul bagnasciuga e dalla vampa del sole che acceca e invade lo schermo.
Sotto quel sole fiammeggiante, canicolare, vissuto in splendidi resort o affollate spiagge popolari ad Acapulco, succede la vita.
Ed è il non senso assoluto, vengono in mente Haneke, Östlund e, naturalmente, non manca Leopardi.
Che fu quel punto acerbo che di vita ebbe nome?
Si chiedono le sue mummie.
Noi invece non ce lo chiediamo e decidiamo anche per Neil Bennet (Tim Roth), lo straniero, uno che sembra uscito dal romanzo di Camus e approdato ad Acapulco dove, ci racconta il regista, le cose non stanno mica più come ai tempi di Elvis o Sinatra.
Oggi, anche se fai vacanze miliardarie perché sei un industriale che macella maiali e li vende appestando tutto il mondo, devi pur sempre andare in aeroporto e lungo la strada non sai cosa ti può capitare, la malavita locale è irrefrenabile, bande note come halcones ("falchi") imperversano, la povertà li alimenta e sulla polizia meglio sorvolare.
Oggi, anche se sei miliardario, se ti becchi un cancro non c’è chemio che serva, soprattutto a Città del Messico.
Oggi, se vivi a Londra, è meglio che ci resti, le belle vacanze esotiche di una volta sono finite, out of order, roba da turisti cafoni.
Neil sembra aver intuito tutto questo, lui è l’anti-Ulisse per eccellenza, l’uomo statico per vocazione.
Non si racconta nulla della trama perché sarebbe un peccato mortale togliere la sorpresa a chi ancora si lascia sorprendere.
Come si diceva all’inizio, ognuno dirà la sua.
Solo qualche traccia, una mappa dei luoghi e dei personaggi:
Acapulco, resort extra lusso con piscina favolosa, cocktail rinforzati, indigeni che servono con servile gentilezza, cene fantastiche con pesce appena pescato (due bei pesci ancora vivi sbattono gli occhioni in apertura).
Acapulco, quartieri popolari, negozietti di tutto un po’, spiaggia che sembra Ostia all’ora di punta.
Il mare è comune ai due mondi.
La famigliola: lui, Neil, un Tim Roth che sembra nato per questo personaggio; lei, la sorella, Charlotte Gainsburg, nevrotica amministratrice del patrimonio famigliare, facile alle lacrime e agli scatti di nervosismo..
Due nipoti, ventenni insipidi eredi di tanto bene e già pronti a goderne.
Una madre morta mentre i figli sono in vacanza.
Tutto questo si dipana con lentezza che esaspera, sorprende, fa anche sorridere, a volte, e poi esplode.
Immaginare la vita, i destini, i cambi improvvisi di rotta? Impossibile.
Possiamo solo affidarci al “tutto scorre” che ben diceva Eraclito. Neil Bennet è un catatonico? Un non empatico di natura? Un malato che sa come finirà e decide di tenerlo per sé?
Chi può dirlo?
Semplicemente, forse, è uno che non è.
Un mezzo sorriso indecifrabile, spalle curve, sandali trascinati, il vuoto dentro e intorno.
Anche Mersault, lo straniero di Camus, non si straccia le vesti per la morte di maman.
“Aujourd'hui, maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas”
Messe, fiori, funerali, che senso ha?
E’ morta, succede, e lui desidera solo essere lasciato in pace.
Il nulla dentro di sé e nessuna legge morale sopra di sé.
La sdraio vuota, la camiciola stazzonata che svolazza appesa allo schienale, i sandali sulla sabbia.
Ma Neil dov’è? Sui titoli di coda, forse.
www.paoladigiuseppe.it
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