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House of the Living Dead

Regia di Ray Austin vedi scheda film

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La recensione su House of the Living Dead

di undying
3 stelle

Il secondo e ultimo horror destinato alle sale (dopo Messe nere per le vergini svedesi) realizzato dal regista inglese Ray Austin, in trasferta sudafricana. Un titolo assolutamente fuorviante cela un melodramma dai risvolti modicamente fantastici, sulla falsariga della filmografia Hammer.

 

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Sud Africa, primi anni del XX° secolo. Uno scienziato deforme, tenuto dai familiari segregato in una camera di una lussuosa villa, sta conducendo alcuni esperimenti sugli animali, convinto che sia possibile trasferire le anime degli esseri viventi da un corpo all'altro, umani compresi. La situazione precipita quando inizia a testare le sue teorie, praticando un'operazione che gli permette di assumere l'identità del fratello Michael Brattling (Mark Burns). Mary Anne (Shirley Anne Field), in prossimità delle nozze, raggiunge il fidanzato Michael essendo all'oscuro di quel che sta accadendo. Intanto, anche la schiavitù impiegata nella piantagione dei Brattling, pratica strani rituali di magia.

 

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Rara produzione sudafricana, diretta però dall'inglese Ray Austin, con un cast ibrido e comunque piuttosto professionale. Austin (classe 1932) ha una lunga carriera in ruolo di regista, ma se si escludono i film a destinazione televisiva (o per l'home video) e alcune serie TV (ha diretto, tra i tanti, anche episodi di Spazio 1999Wonder WomanVisitors e Alfred Hitchcock presenta), solo tre sue pellicole sono state realizzate per essere destinate alle sale cinematografiche. Oltre a Messe nere per le vergini svedesi (1972), il terzo lungometraggio è un misconosciuto dramma (Fun and games, 1971). Come già accaduto per il mediocre Messe nere per le vergini svedesi (l'unico arrivato doppiato in Italia), anche in questo caso il titolo è del tutto fuorviante, non essendoci di fatto nemmeno l'ombra di "morti viventi" o "zombi". Confermata invece anche in questa circostanza l'elegante regia, supportata da location inusuali e da una bella fotografia. Peccato che la sceneggiatura di Marc Marais non presenti elementi di interesse, essendo del tutto sviluppata attorno a un'infinita serie di dialoghi destinati a personaggi poco convincenti e soprattutto parecchio noiosi. Per tutta la durata del film accade poco o nulla, se si esclude l'incipit con operazione al cervello di una scimmia e un finale che, solo negli ultimi cinque minuti, rende un pò più dinamiche le riprese. Per il resto sembra di assistere ad una brutta storia (che contempla anime conservate in bottiglia e cavalli assassini), scritta e prodotta con l'intenzione da parte degli autori di inserirsi nel filone degli horror stile Hammer, nella quale - a differenza del predecessore (il già citato Messe nere...) - è del tutto assente anche quella piccola componente di erotismo che rendeva perlomeno interessante un lungometraggio dal ritmo inesistente. Qui restano solo immagini statiche di attori costretti a recitare battute insignificanti, intervallate a qualche scena in esterno che dovrebbe, senza riuscirci, contribuire a rendere più scorrevole il racconto.

 

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"L’anima si è trovata la sua stanza
intorno a te."
(Leonardo Sinisgalli)

 

House of the living dead (Ray Austin, 1974) - V.O.

 

F.P. 05/08/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 87'54")

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