Dopo Orson Welles (1948), Akira Kurosawa (1957), Polanski (1971), altre trasposizioni innominabili e Kurzel (2015), arriva la versione di Joel Coen, per la prima volta dietro la macchina da presa senza il fratello Ethan, e fa subito centro. Un film che, nonostante le ben note interruzioni per la pandemia, ha mantenuto una compattezza e una lucidità veramente eroiche. Sublime e per la recitazione, dalla prova energica di Denzel Washington alla vibrante eleganza di Frances McDormand, e per le scelte tecniche, dal divorante bianco e nero di Bruno Delbonnel all'ipnotico commento musicale di Carter Burwell.
La recitazione pressoché perfetta nella sua asciuttezza, la scena della follia della Lady poi mette veramente i brividi. L'adattamento non ha una sbrodolatura che sia una. Le scelte sceniche, con più di uno sguardo debitore all'opera wellesiana, opportunamente gelide e hitchcockiane, grazie anche a una totale ricostruzione nei teatri di posa. Le streghe meno banali e più riuscite di sempre.
Prima di vederlo ci siamo chiesti, più volte, se ci fosse bisogno, dopo la bulimia filologica e barocca di Kurzel, di un ulteriore Macbeth al cinema. Naturalmente, da ultras dei Coen, abbiamo scelto senza troppi timori.
Il sesto senso era decisamente a favore.
E siamo stati ampiamente ripagati.
E' pericoloso scrivere queste cose a caldo ma non esitiamo troppo nel dire che questo è - per noi - il Macbeth perfetto.
O, per lo meno, quello che abbiamo sempre sognato.
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