Regia di Ari Aster vedi scheda film
(Ari, Ari, Ari Aster.) Too Much Johnson(s).
“The Strange Thing About the Johnsons”, il mediometraggio (29') scritto e diretto da Ari Aster, non il suo esordio, ma il suo primo lavoro importante (è la tesi di laurea per l'American Film Institute), del 2011, cui seguiranno, prima di “Hereditary” (2018) e “MidSommar” (2019), i cortometraggi “TDF (Tino's Dick Fart) - Really Works” di 2' e “Beau” di 7', del 2011, “Munchausen” di 17' del 2013, “Basically” di 15' e “the Turtle's Head” di 12', del 2014, e “C'est la Vie” di 8' del 2016, nulla sposta - né col senno di poi né con la precognizione - lungo il percorso del suo cinema che prendeva le mosse 10 anni fa proprio con la genesi di quest'opera piana, lineare e risolta (dalla pedofilia "inversa" alla gerontofilia "edipica": e il problema non è impuntarsi e indignarsi sul concetto allargato, sfiancato, sfilcciato, liso e strappato di "amore"), e che, soprattutto, lascia intatto l'asse cartesiano del PdV dall'inizio alla fine, senza evoluzione di sguardo: racconta ma non elabora, spiega ma non ragiona, dice ma non affronta.
Troppo sui Johnson? Troppo poco?
La parte principale è affidata al caratterista di lungo corso Billy Mayo. Il resto del cast è completato da Angela Bullock e Brandon Greenhouse.
Fotografia di Pawel Pogorzelski, che diverrà sodale collaboratore del regista. Montaggio di Brady Hallongren. Musiche di Brendan Eder. Produce Alejandro de Leon.
Il figlio guarda il padre.
Il padre guarda il figlio.
La madre guarda in basso verso il figlio, il figlio guarda in alto verso il padre, e il padre guarda dritto davanti a sé, e sorride.
Oida: la madre, finalmente, vede (la scelta topica - tanto decisiva e risolutiva quanto retorica e semplicistica - della improrogabile sveltina al matrimonio), dopo aver stornato lo sguardo (?) per anni.
Il padre, un H.H. "traviato" (a scanso di equivoci: no), prima di fare la fine di Charlotte Haze (e non sarà il Grande Romanzo Americano, la Confessione sotto forma delle mentite spoglie di un'AutoBiografia, a salvarlo: il "manoscritto" divamperà mentre le ultime braci della Famiglia si spengono annegando nel Sangue), più non ride.
Qui di seguito il film...
Michael Haneke, Jorgos Lanthimos, Todd Solondz, Ulrich Seidl, Gregg Araki, Larry Clark, Andrew Jarecki, John Cameron Mitchell, Matt Sobel...
Troppo sui Johnson? Troppo poco?
Comunque il cinema di Ari Aster merita sempre un'occasione: non è rigonfio, pomposo e ridondante come solitamente si presenta quello di Sam Mendes, Alejandro González Iñárritu, Nicolas Winding Refn, Darren Aronofsky o Luca Guadagnino (ma hanno anche dei difetti, eh), e assistere ad esso, per lo meno, non crea indigestione e gorgoglii addominali, ma solo qualch'emetico rigurgito.
One of my shorts, The Strange Thing About the Johnsons, was my Sirkian film. That was a weird mutt of a movie, where it started as one thing then became another and then another. I was at AFI, which is a kind of industry school. They’re very Hollywood-oriented and they want to train you to become a Hollywood filmmaker, and the films they show the incoming fellows are very politically correct, you know, Oscar movies. And I just thought, what’s the worst thing I can make at AFI?
Ari Aster a Film Comment (2018)
* * * ¼ (½)
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