Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Siria ed Egitto dichiararono guerra ad Israele il 6 ottobre del 1973, giorno in cui gli israeliani festeggiano lo Yom Kippur (giorno dell'espiazione). Amos (Liron Levo)a Uzi (Tomer Russo) si ritrovano cosi coinvolti nel bel mezzo di una guerra e vengono assegnati a un gruppo di soccorso che si muove sulla linea del fronte per recuperare i feriti.
Con uno stile che rasenta il documentarismo, Amos Gitai ci immerge senza indugi nella faida mediorientale. Asciutto, essenziale e senza alcun accenno alla retorica partigiana, è la cronaca di cinque giorni di straordinaria follia di un gruppo di ragazzi che, senza mai chiedersi niente sui perchè e i per come si è giunti alla situazione tragica in cui si trovano, agiscono con l'unico scopo di salvare quante più vite umane è possibile, di sottrarre quanti più uomini dalla tragedia della guerra. Gitai ha vissuto in prima persona le vicende trattate nel film ed è certo che l'aspetto autobiografico ha molto contribuito a conferirgli quella componente verista che lo rende a suo modo originale nell'ambito dei film di guerra. Emblematica in tal senso la stupenda scena in cui l'elicottero viene colpito da un razzo e precipita a terra senza che la macchina da presa smetta di osservare il suo schianto al suolo. Immerso in un miscuglio di sangue e fango, a me sembra che"Kippur" si erga a manifesto contro tutte le guerre e le logiche astratte che le sorreggono, le quali, non considerano mai che dietro ogni strategia meramente frutto del realismo politico ci sono corpi smembrati e animi compromessi per sempre. La macchina da presa non è sulle cose ma dentro di loro, non è un semplice strumento che sta rappresentando un orrore particolare ma è l'orrore stesso, la sua intima essenza, la morte di quella giovinezza che non torna più. Non è un caso che il "nemico" non venga mostrato mai e che Gitai investa tutto sui rumori della guerra, sui gemiti di dolore, le imprecazioni, le paure sussurrate. Non è un caso che Gitai abbia voluto iniziare e concludere il film rappresentando il tempo della via nel mentre poi ci da notizie sul tempo della morte e contrapporre il miscuglio di colori su corpi accaldati dall'amore all'impasto di sangue e fango del fronte. Perchè è la guerra in quanto tale ad essere un crimine da bandire, oltre ogni forma di faziosità e bieco egoismo. Perchè ogni uomo che ha visto la guerra in faccia non può non sapere che la paura di morire è la medesima da ogni posizione del fronte e che quando un uomo arriva a bramare la propria sopravvivenza al punto da desiderare la morte altrui è l'inizio della fine. Chi ha vissuto la tragica esperienza della guerra non può che desiderare, come Klausner (Uri Klauzner) il medico ferito che viene portato all'ospedale di campo, di tornarsene a casa dalla mamma. E' un bel film "Kippur", forte e coraggioso, sull'uomo e per l'uomo. Quando si avvede che le sue paure non hanno più diritto di quelle del sedicente nemico di essere esorcizzate.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta