Regia di Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch vedi scheda film
"Le otto montagne" è una coproduzione italo-belga, diretta da due registi del Belgio ma interamente recitata in italiano e tratta dal romanzo Premio Strega di Paolo Cognetti. È un film di ambizioni internazionali e specialmente europee, come è stato giustamente osservato, che dell'ambientazione in montagna arriva a farne il suo fulcro, anche se poi la scelta del formato 4/3 dell'immagine sembrerebbe muoversi in una direzione differente dalla semplice valorizzazione visiva dei paesaggi. Non ho letto il romanzo, ma a quanto pare il film si muove su una linea di fedeltà e rispetto alla pagina scritta, visto anche il coinvolgimento dello stesso scrittore come consulente artistico. Si tratta di un film per molti versi apprezzabile che disegna una bella storia di amicizia maschile, senza sottofondi erotici, lungo un arco di alcuni decenni, amicizia che resiste alla lontananza e a vari tipi di difficoltà, fino a un epilogo che sarebbe criminoso rivelare. I paesaggi montani della Valle d'Aosta restano spettacolari e di forte impatto visivo nella fotografia di Ruben Impens, al di là del formato "quadrato" adottato, ma il film trae il suo vero motivo di interesse dal rapporto fra Pietro e Bruno, due personaggi sbozzati in maniera accurata nella sceneggiatura, che però traggono il loro fascino peculiare dalla presenza scenica di Luca Marinelli e Alessandro Borghi, due attori che ho sempre ritenuto fra i migliori della nuova generazione e che qui si completano in molte sequenze, anche se a mio parere il match finale è vinto da Borghi. Il film ha vinto il Prix du jury a Cannes e quattro David di Donatello fra cui Migliore film, mentre l'accoglienza della critica è stata un po' divisa. A mio parere non giunge proprio alla grandezza, pur potendo contare su molti pregi, perché tende comunque ad una dilatazione del materiale narrativo che inevitabilmente crea qualche "vuoto" non sempre giustificato, e qui forse una limatura in sede di montaggio avrebbe giovato. Pur essendoci contenuti e valori formali spesso di prim'ordine, il film soffre un po' di una certa prolissità e di alcune scene non proprio impeccabili nella realizzazione, soprattutto quando appaiono alcune figure secondarie un po' sfocate come quelle dei genitori. Tuttavia, pur con queste riserve, nell'ambito di un cinema italiano asfittico come quello contemporaneo il film si difende bene, si tratta pur sempre di un adattamento letterario di un libro prestigioso, a cui rende un buon servizio, e concentrandosi più sulla psicologia dei due uomini che non sulla semplice resa figurativa riesce a vincere una scommessa rischiosa, che altri registi meno capaci non avrebbero saputo gestire. Oltre ai due bravi protagonisti, si segnala un Filippo Timi in una partecipazione un po' sacrificata in termini di minutaggio, che curiosamente in una scena balbetta alcune parole: pur essendo un noto balbuziente nella vita reale, credo che finora non lo avessi mai sentito balbettare nei film, dunque sarà una precisa scelta degli autori.
Voto 7/10
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