Regia di Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch vedi scheda film
Pietro, di famiglia borghese, trascorre le vacanze estive insieme alla madre, insegnante, in un borgo della Valle D'Aosta; il padre, Giovanni, li raggiunge, da Torino, nella casa presa in affitto, nei giorni di libertà dal lavoro. A Giovanni piace scalare le vette della regione, ben oltre i 3000 metri di quota; abitua il figlio a seguirlo. Gran parte del molto tempo libero, Pietro la passa insieme a Bruno, un coetaneo del paese avvezzo alla vita dei montanari locali; nonostante la giovanissima età collabora con i parenti più anziani in attività di pastorizia e produzione di formaggi in quota. Passano gli anni; Pietro, nonostante l'amore per il piccolo paese valdostano, matura altri interessi, giunge a rompere i rapporti con il padre, cui rimprovera l'abitudinarietà, il conformismo e la mancanza di prospettive. Bruno, nel frattempo, lavora nell'edilizia con il padre, un uomo con il quale non va d'accordo. Dopo altri anni, Giovanni muore; Pietro, inaspettatamente, è costretto a prendersi ulteriori responsabilità. Apprende, tra l'altro, che il papà gli ha lasciato in eredità un rudere in quota, affidando a Bruno, tornato definitivamente nel paesino, il compito di ristrutturarlo. Le differenze tra i due giovani, l'uno ancora in cerca di una "collocazione" nel mondo, l'altro divenuto adulto troppo presto, rimangono; ma la necessaria collaborazione porta al rinsaldarsi di un'amicizia ed alla scoperta di nuovi orizzonti, per entrambi. "Le Otto Montagne", diretto dagli sceneggiatori e registi belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch e tratto da un romanzo con riferimenti autobiografici dello scrittore Paolo Cognetti, racconta di un'amicizia e del rapporto di due uomini con le loro radici. L'elemento "montagna" è al centro della narrazione; gli argomenti affrontati sono molteplici. Ho trovato la trattazione estremamente realistica, sia nelle ricostruzioni ambientali e sociali, sia nelle caratterizzazioni dei personaggi e dei loro sentimenti. Andare e/o vivere in montagna non è, per i protagonisti, solo esperienza fisica con risvolti avventurosi. E' un voler scoprire o conservare con tenacia il legame con le proprie origini, le quali orientano le scelte future. Pietro è un ragazzo di città; ma i suoi più bei ricordi dell'infanzia sono connessi alle estati, lunghe e spensierate, trascorse nel paesino valdostano, ove, senza i molti stimoli della modernità, erano la natura e la fantasia ad intrattenere il giovane villeggiante. Grazie al padre Giovanni, Pietro conosce e pratica per un certo periodo l'escursionismo d'alta quota. Solo in un momento successivo, dopo lustri trascorsi senza una precisa prospettiva di vita - Pietro si mantiene con lavori a breve termine, vive alla giornata, tra amici e svaghi, comuni per i ragazzi della sua età - il ragazzo di città torna a riflettere sul passato. Non ha più avuto rapporti ne' con Bruno, ne' con il padre. Alla morte di Giovanni, Pietro scopre, da appunti e mappe, che il genitore non frequentava la montagna per puro sport, ma rispondendo anch'egli ad un richiamo ancestrale. Dunque, il ragazzo torna su quelle cime frequentate da (o insieme a) Giovanni - il quale lasciava un messaggio in ogni libro di vetta - nel ricordo e nel rimpianto di un uomo del quale comprende di aver avuto una conoscenza superficiale. E' possibile recuperare un rapporto con una persona che non c'è più ? Evidentemente, si. Probabilmente l'ha pensato lo stesso Giovanni, nel momento in cui ha scelto, tramite disposizioni testamentarie, di legare il suo figlio di sangue ad un figlio "ideale", il montanaro Bruno, divenuto uomo, rude e di poche parole. Insieme, i due amici ritrovati, ricostruiscono la casa isolata tra i monti; poi Bruno sceglie di seguire le orme dei progenitori. Si ritira in un alpeggio poco lontano, alleva vacche, fa il formaggio. Pietro trova infine la sua strada; ha successo come scrittore e si reca nel "regno" della montagna, il Nepal. Ivi trova l'amore; il misticismo locale gli consente di razionalizzare il suo sentimento. Per quanto egli possa raggiungere vette, ben più maestose e note, la meta ideale è sempre costituita dalle quasi anonime cime che circondano l'ameno luogo in cui visse da bambino, con tutto ciò che esso rappresenta. Il piccolo paese valdostano, la casa in quota, Bruno ... questi elementi sono al centro di tutto, e sono compenetrati tra loro. Bruno non esiste, senza la sua montagna. Lì ha origine, lì vive, lì si conclude la sua parabola umana. Tramite Pietro, conosce Lara, una giovane innamorata della natura, alla ricerca di nuove prospettive; i due iniziano a convivere, hanno una bambina; trasformano l'alpeggio in una piccola società. A causa della crisi economica, gli affari iniziano ad andar male; Bruno, del resto, non è un imprenditore e non abbandona il "business" finchè può farlo con poco danno. Infine, la coppia perde l'alpeggio. Lara, pur con dolore, lascia l'uomo da solo e va a vivere in paese, per guadagnare qualcosina come lavoratrice dipendente, insieme alla figlioletta. Ella sa prendersi le proprie responsabilità nell'essere genitrice, Bruno le rifiuta. L'ultima parte del racconto ce lo mostra ormai abbrutito; ridotto per propria scelta ad una lotta contro la natura per la propria sopravvivenza, che sa d'esser destinato a perdere, rifiuta aiuto e compagnia. Temperature rigide e stenti lo stroncano. Ma, nella dialettica del racconto, la fine della sua esistenza umana non è un evento negativo. Egli si fonde con quell'ambiente che gli ha dato vita, stimoli, dolori e felicità. Dunque, la montagna, per Bruno, è un mondo, il suo intero universo; per Pietro è culla esistenziale e simbolo di legame. E per gli amici cittadini che Pietro conduce in quota ? Fonte di svago e novità; risposta a quel desiderio di purezza e voglia di "fuga" generati dallo stress metropolitano. Ma quei giovani mai potranno comprendere cosa quell'ambiente rappresenti per i protagonisti e, in generale, per i personaggi che esso stesso ha generato, i quali non ambiscono a raggiungere vette che vedono tutti i giorni; i quali possono non amarlo; i quali non rimangono di certo stupiti di fronte ai "miracoli" della natura. La montagna può piacere, entusiasmare; ma solo i suoi "figli" la possono "possedere". Ottime interpretazioni per Luca Marinelli ed Alessandro Borghi, rispettivamente Pietro e Bruno. Diversi, tanto insicuro il primo - pertanto più duttile, idoneo all'adattarsi - quanto determinato il secondo, e pertanto complementari tra loro, intrecciano indissolubilmente le loro esistenze fino ad un prevedibile epilogo. La voce narrante è di Pietro; lascia comprendere che Bruno non sia più fisicamente con lui. Il ritmo del film è lento, eppure annoiarsi è difficile. Quante persone potrebbero riconoscersi nel bambino Pietro, adeguatosi a quelle estate interminabili, in luoghi ancora fuori dal tempo e privi degli agi della contemporaneità; in quanti hanno vissuto un'amicizia, poi inariditasi e sfumata con il passare degli anni, causa diffenti caratteri o sorti diverse, e si chiedono che fine abbiano fatto i compagni di quella vita passata; quanti potrebbero riconoscersi nell'adulto Bruno, tenacemente legati ad un ambiente ed un destino; nel padre Giovanni, incapace eppure desideroso di comunicare con il figlio, che non può comprenderlo a causa della differenza di età ed una effimera contrapposizione di ruoli. Soprattutto, quanti si specchiano in quelle persone che sfidano le creste in solitudine con poco equipaggiamento, paghi nel raggiungerle o anche solo nel tentare, godendo dei profondi silenzi, dei mille colori della natura, dell'emozione di abissi che si spalancano improvvisi, del vento sferzante in attesa dietro una curva, di una croce di vetta sempre più vicina. "Le Otto Montagne" è un film che parla di radici, di legami indissolubili e richiami ancestrali; di destini segnati e di possibilità di cambiamento; di amicizia e di amore per un contesto sociale ed ambientale del quale dà una descrizione realistica, ben circostanziata nelle sue positività e - non poche - negatività. Film profondo, in grado di parlare alla mente ed al cuore. Non posso negare che il mio apprezzamento per l'opera sia legato al riconoscermi nelle istanze dei personaggi; pur essendo ... di città, ho un forti legami con una piccola località non molto distante, un "microcosmo" ancora libero dal turismo di massa, ove mi ostino a curare piante che rendono poco rispetto la fatica che costano ... perchè, così lì si è vissuto per generazioni; contemporaneamente, ho girato da solo per gran parte delle montagne della regione; le più belle, le più ambite sono sempre le anonime cime che circondano il paese, perchè sono sotto i miei occhi da sempre e sono state la vita per chi mi ha preceduto.
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