Regia di Franco Brusati vedi scheda film
Mario, disoccupato con la madre in ospizio, trova lavoro come cameriere nella villa di una famiglia ricchissima. Purtroppo durerà una sera sola. Poi incontra un vecchio amico e si lascia coinvolgere in una nottata brava, per trovare infine rifugio presso un sacerdote piuttosto ambiguo.
Franco Brusati è ricordato più spesso per il suo lavoro come sceneggiatore, sebbene abbia lasciato prove interessanti e da Autore con la maiuscola anche in veste di regista. Indubbiamente è il caso di questo Il disordine, film atipico per il panorama nostrano e dalle ambizioni altissime, purtroppo non del tutto riuscito, ma comunque godibile: una preziosa testimonianza di un'epoca d'oro per il cinema italiano, in ogni caso. Perchè un'opera di questo calibro passò inosservata fra un Rocco e i suoi fratelli (1960) o un Deserto rosso (1964), fra Il sorpasso (1962) e I compagni (1963), per tacere de La dolce vita e 8 e 1/2 (1960 e 1963): in qualsiasi altro momento, difficilmente sarebbe andata dimenticata. D'altronde senza dubbio Brusati la produsse anche grazie al fermento artistico eccezionale contemporaneo. Il disordine è un quadro viscontiano virato leggermente alla commedia (quella ruvida, impietosa, all'italiana), con borghesi annoiati dal loro stesso sfarzo e poveracci del popolino a doversi dannare l'anima per mettere insieme il pranzo con la cena; ma l'istinto fondamentale di critica sociale nella sceneggiatura (del regista e di Francesco Ghedini) viene ripetutamente smorzato dalla ricerca di un approccio ironico e al contempo psicologico nei confronti dei personaggi. Mario, il bravissimo Renato Salvatori, è un protagonista in apparenza semplicissimo, un uomo di umile estrazione sociale che si arrabatta come riesce, tirando a campare con smodati - quanto irrealizzabili - sogni di gloria; man mano che avanziamo nella narrazione lo scopriamo però sempre più sfaccettato, a suo modo nevrotico; Il disordine non può perciò essere visto soltanto come un affresco sulla borghesia, nè tantomeno sul basso proletariato. Opera seconda per Brusati, arriva a ben sette anni dall'esordio con Il padrone sono me (1955) e sarà seguito sei anni più tardi da Tenderly (1968); nel cast troviamo inoltre Alida Valli, Tomas Milian, Jean Sorel, Antonella Lualdi, Susan Strasberg e Georges Wilson. Pregio principale: la scrittura involuta che, fra le altre cose, ci tiene nascosto il protagonista fino a metà del film; difetto principale: la stessa scrittura involuta, talvolta al punto da complicare la narrazione senza motivo. 4,5/10.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta