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Il disordine

Regia di Franco Brusati vedi scheda film

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La recensione su Il disordine

di alan smithee
8 stelle

In una maestosa villa di un industriale milanese, si stanno ultimando i preparativi di una festa di gala alla quale tuttavia il padrone di casa non potrà partecipare in quanto gravemente malato e bloccato a letto.

Accorre l suo capezzale la figlia Isabella, che tenta un approccio col madre che invece le si nega e, quando la trova di fronte, si finge intontito dai medicinali pur di non parlarne.

Tra la servitù invece, si mette in evidenza Mario, un cameriere alla ricerca di fortuna che ostenta un comportamento ruffiano e servile che serve solo ad inimicarlo dinanzi agli altri suoi colleghi.

La storia finisce per abbandonare la ricca famiglia di infelici, per seguire Mario, del quale veniamo a conoscenza del suo effettivo stato di indigenza, con a carico una madre inferma costretta in povertà presso un ospizio per indigenti. La sera che il ragazzo incontra il suo ex amico e coetaneo Bruno, egli tenterà di farsi aiutare da costui, che invece ostenterà un atteggiamento cinico e freddo che porrà termine all'amicizia tra i due.

Tramite Bruno conosciamo anche una coppia in crisi formata da Andrea e Mali, che la sera stessa in cui Bruno tradisce il suo amico, assistono l'amico Tom, turbato dalla crisi del suo rapporto di coppia.

E mentre scopriremo con una certa sorpresa l'identità del partner di Tom, ecco che la vicenda torna su Mario, mentre si imbatte in un umanissimo pseudo prete che finirà per interessarsi ed impietosirsi della situazione del ragazzo, aiutandolo con un gesto definitivo e dai risvolti sorprendenti.

Così, nel disordine coerente con il titolo, che probabilmente allude più concretamente ad un disordine di tipo morale-caratteriale, si compone la trama fitta ed ingarbugliata di questo secondo, riuscito film di Franco Brusati, ritratto spietato e cinico di una società dominata da differenze di classe che rendono cupa e angosciosa la vita di tutti i protagonisti del film: chi combatte per sopravvivere, e chi invece per raggiungere un equilibrio sentimentale turbato da un malessere che pare non meno doloroso dei problemi primari di chi non riesce ad emergere e a realizzarsi, afflitto da veri e propri problemi di mera sussistenza.

Da sempre la cinematografia non certo sterminata, ma di tutto rispetto, di Brusati sceglie di mettere a confronti due classi sociali dai connotati e dalle esigenze completamente opposte ed antitetiche.

Qui il risultato è davvero positivo, la freddzza dei sentimenti che alberga in certi personaggi è più che compensata dagli slanci di umanità di altri personaggi che inducono anche lo spettatore ad un atteggiamento di cauta diffidenza, ed il disordine del racconto riesce a dare un tocco di originalità e di classe ad un film davvero interessante e forte di un cast di tutto rispetto.

Mario è interpretato dall'ottimo Renato Salvatori, affiancto da Sami Frey nel ruolo del figlio del rampollo morente (Curd Jurgens), Alida Valli è sua madre, Susan Strasberg sua sorella. Tra gli altri pure Tomas Milian alias l'infido Bruno, Louis Jourdan come ambiguo Tom, mentre la coppia scoppiata è efficacemente resa da Jean Sorel nei panni di Andrea, e Antonella Lualdi nel ruolo di Malì.

Ma, su tutti, alla fine si guadagna un posto d'onore l'ottimo George Wilson, nei panni altrettanto ambigui e contraddittori dello strano don Giuseppe. Una interpretazione straordinaria che valse all'attore francese anche dei riconoscimenti ufficiali.   

 

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