Regia di Eduardo Mulargia vedi scheda film
Sicilia. Un vedovo, per poter ereditare, deve dimostrare la propria virilità mettendo incinta la seconda moglie. Niente di più difficile; ed ecco che interviene la figliastra a sbrogliare la matassa.
Terminata la gloriosa epoca dello spaghetti western, andata in scena fra la seconda metà degli anni Sessanta e i primi Settanta, Mulargia fu fra i tanti mestieranti più o meno dotati (lui nella seconda categoria, senza dubbio) che si ritrovarono improvvisamente disoccupati e privi di idee; questo La figliastra (Storia di corna e di passione) è una delle tante rimasticate commediole erotico-demenziali a base di prurigini facili (nudi privi di logica, accoppiamenti - pur messi in scena abbastanza castamente - senza ritegno) che uscivano sul finire del decennio. Altro elemento distintivo tipico del genere, l'ambientazione regionale fortemente caratterizzata da personaggi e tradizioni stereotipati; qui il bersaglio della sceneggiatura firmata da Luigi Angelo, Anselmo Parrinello, Giuseppe Carbone, Piero Regnoli e del regista è la Sicilia. Viene difficile immaginare come cinque teste cinque abbiano potuto partorire (sempre che sia questa la parola giusta) una simile accozzaglia di luoghi comuni facilissimi e situazioni grottesche al limite dell'imbarazzante, ma d'altronde il nodo centrale della trama è la dimostrazione di virilità (sempre quella: sbadigli) di un uomo maturo nei confronti della figliastra. Lucrezia Love, Bruno Scipioni e Nino Terzo sono i nomi maggiori sul cartellone, il che la dice lunga; colpisce però la bizzarra scelta di non fare recitare Terzo con la sua classica, inimitabile parlata asmatica (tanto che il suo personaggio pare semplicemente sprecato). La carriera di Mulargia era definitivamente in declino, in parallelo alle vicende del cinema di genere nostrano. 1,5/10.
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