Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film
Avrebbe meritato ben altro un gigante della politica italiana come Giacinto (Marco) Pannella, vero motore di epocali cambi di pagina del costume nostrano grazie alle leggi sul divorzio e sull’aborto che nessun referendum abrogativo riuscì ad affossare. E invece la sua parabola politica, nelle mani di Mimmo Calopresti (trittico d’esordio fulminante, poi una serie ininterrotta di lavori imbarazzanti), diventa una docufiction imbarazzante con attori improponibili, un protagonista (Andrea Bosca) completamente fuori parte e una selezione del materiale biografico di quell’uomo-partito (radicale) che si accontenta del minimo sindacale, soffermandosi soprattutto sugli anni Sessanta e Settanta. A riscaldare un minimo i motori ci pensa Massimo Teodori, quando afferma che gli ultimi vent’anni di vita politica di Pannella furono una serie di fallimenti. L’unica voce che non faccia il compitino, che non sfori nell’agiografia sostanzialmente muta, che ne celebra il carisma dimenticando quasi tutto il resto: tutto per fare contenta mamma Rai che produce e che non poteva certo proporre un ritratto a tutto tondo di un antieroe nazionale con una indomita tendenza all’iconoclastia.
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