Regia di Lars von Trier vedi scheda film
La danza nell'oscurità,finalmente sola a diffondere uno spiraglio d'amore.Uno schermo scuro,diversi minuti di attesa.E'il modo di Von Trier nel farci entrare nella soggettiva della protagonista,una immigrata nella terra del Sogno che è condannata al buio per una rara malattia agli occhi.Malattia che ha anche il figlio per amore del quale sta risparmiando soldi per farlo operare e non fargli vivere il buio che la sta sfiorando,a cui sogna ogni minuto di sfuggire,cantando e danzando.Selma è la figlia naturale della Bess che infrangeva le onde,il suo amore per il figlio è oltre qualsiasi comprensione.Arriva anche ad uccidere quando viene derubata di quel pugno di dollari necessari per continuare a far vedere il figlio,sacrifica la vita per continuare a farlo vivere in un mondo a colori,per risparmiargli la visione in nero,condannato a un visus monocromatico.La rilettura del musical transita per il melodramma e ascoltando le corde emotive del cineasta danese è geometricamente divisa in due dalle regole del Dogma 95.Da una parte il fulgore(si fa per dire visto che i colori sono "spenti"nella loro desaturazione) del musical,la precisione certosina delle inquadrature,la rigida scansione matematica dei numeri musicali.Dall'altra i dialoghi all'apparenza banali,gli ambienti spogli e incombenti,la macchina da presa a mano che segue da vicino i vari personaggi,pedinandoli in una ricerca esasperata di realismo.La sublime illusione von trieriana che crea finti ambienti veri.Rocostruisce un America rurale in un altrettanto agreste Svezia.Dancer in the dark vive della prova disumana di Bjork attrice neofita di insospettato talento che domina il film dal basso della sua visione elementare della vita,votata a un solo obiettivo.Una donna di indubbio fascino come lei viene trasformata in un insignificante donnetta nascosta dietro lenti talmente spesse che gli occhi ci si perdono dentro.Un corpo,una voce perfettamente flessibili a disposizione del direttore d'orchestra capace di negare anche la più plausibile forma di fuga dal sacrificio estremo.E Von Trier da moderno vampiro l'ha letteralmente svuotata,il sacrificio deve essere stato pesante anche durante le riprese visto che la cantante islandese ha dichiarato che non avrebbe più recitato in altri film.L'amore in fondo è esercizio di sacrificio e lei lo compie fino alle estreme conseguenze.Nel finale qualcosa si sfalda,i numeri musicali si fondono con le sequenze dell'esecuzione in maniera forse fin troppo calcolata,il musical viene accantonato poi per far posto a un tentativo reiterato e poco celato di commuovere con un gesto d'amore estremo fino ad un ultima terribile sequenza.Una corda che si stringe,gli occhiali che cadono.Sipario. Opera da amare o da odiare, una rappresentazione firmata da uno dei pochi autori del nostro tempo.Anche i detrattori lo riconosceranno.
uno degli ultimi autori,da amare o da denigrare.Non lascia comunque indifferenti.Regia frastagliata da una parte dai dettami del Dgma,dall'altra dallo stile matematico del musical
intensa e sorprendente
forse u operaia un po'troppo sofisticata,ma è brava
abonato a ruoli da maniaco,Von Trier ne fa quasi un agnellino rassicurante
bravo
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Ottima recensione, precisa ed appassionata. Saluti
grazie per le belle parole .Un saluto
Dancer in the dark vive della prova disumana di Bjork attrice neofita di insospettato talento che domina il film dal basso della sua visione elementare della vita (...)." Dancer in the dark" è un grande film ma quello che a me colpì più di ogni altra cosa fu l'immensa prova d'attrice di Bjork che è stata ottimamente resa nella sua essenzialità narrativa da poche puntuali parole. Bravo.
grazie anche a te.Devo dire che quando giudico Bjork sono un po'di parte perchè l'apprezzo molto anche come cantante e la conoscevo prima di vedere questo film.Ma come attrice mi ha lasciato veramente a bocca aperta...
A mio avviso siamo di fronte ad un autentico capolavoro, denso di imperfezioni (soprattutto nella tenuta ritmica e nella durata leggermente prolungata) e tuttavia capace di potenza drammatica ed innovatività estetico-stilistiche realmente inaudite. La scena musical "del treno" è, in assoluto, una delle più strepitose, intense ed originali mai girate nella storia del cinema (sia "respirandola" sul momento, sia studiandola poi nel dettaglio) e funge da capofila per altre sequenze "coreografate" difficilmente dimenticabili (in fabbrica, dopo l'omicidio, prima dell'esecuzione). Convengo che Biork offra una performance superlativa, ma dopo aver ammirato le prove di altre protagoniste trieriane come la Watson e la Kidman, propenderei per assegnare i maggiori meriti (sia della scelta che della resa interpretativa) proprio a Von Trier, tra l'altro un vero cineasta post-moderno a 360°: non solo metteur en scene, soggettista e sceneggiatore, bensì operatore alla mdp, montatore, e, caso unico, teorico (contraddittoriamente alquanto infedele verso i suoi stessi principi). Un artista a tutto tondo dunque, complesso e mutevole, temerario e provocatorio, di talento e genialità tali da risultare ancora spiazzante per parecchi critici e giocoforza ampiamente incompreso dal grande pubblico. Le leggende e le diatribe che lo riguardano ricordano ormai da vicino i dibattiti accesissimi e gli schieramenti contrapposti su Welles negli anni "40, prima dell'unanime consacrazione dovuta all'affermarsi della politica degli autori dei Cahiers di Bazin e discepoli; e nonostante possa oggi suscitare scandalo, quello con Welles non credo sia affatto un paragone del tutto improponibile. Von Trier cerca costantemente di superare il presente della semiosi cinematografica (pure al costo di fortissimi rischi di fallimenti e fraintendimenti) e conquista dopo conquista, in mezzo ad una pletora di entusiastici elogi e condanne senza appello, ha saputo scoprire finora nuovi limpidi orizzonti al linguaggio della settima arte. Tutto molto wellesiano.
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