Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Lars Von Trier torna al cinema con un nuovo melodramma nelle stesse corde di Le onde del destino, suo capolavoro. Questa volta però unisce al racconto straziante le note e le movenze di uno strano musical. Abbandonando per tanto una parte delle regole del suo Dogma 95 (ma solo una parte, perché la traballante macchina a mano è ancora ben presente) e aggiungendo le note di magica provenienze del musical, Von Trier racconta la triste storia di Selma, una giovane immigrata dalla Cecoslovacchia negli Stati Uniti, attratta dalla patria del musical (sua grande passione), non tanto per una semplice necessità lavorativa, quanto, se mai, per far operare suo figlio Gene affetto dalla stessa malattia che sta conducendo lentamente Selma verso la cecità. Il lavoro in fabbrica le serve per ragranellare il denaro sufficiente per l’operazione, ma la sorte avversa ci mette lo zampino, la porta a commettere un omicidio e la fa di conseguenza cadere nelle grinfie della giustizia americana e della sua pena capitale.
Il lavoro condotto da Lars Von Trier, come già nel precedente Idioti, è forse un po’ (volutamente) scevro di quella grammatica cinematografica che consente agli abili registi di orchestrare scene la cui forza e valore risiedono tutte nel montaggio o nell’uso particolareggiato della macchina da presa, ma ha indubbiamente un gran coraggio e una grande capacità narrativa: non è infatti da tutti raccontare storie commoventi senza cadere nella melassa o nei facili ammiccamenti al pubblico. Lars Von Trier non fa niente di tutto questo. Von Trier promette un musical, ma ecco aprirsi il film su uno schermo nero e che tale rimane per circa tre minuti senza che nulla accada e con la sola musica a suggerirci quando lascerà il posto alla scena; ecco poi inscenare il primo numero musicale solamente a quaranta minuti dall’inizio, facendoci capire immediatamente che questo numero, come i successivi, sono solo allucinazioni della mente di Selma e non impossibili realtà che il mondo del cinema ha sempre costruito, nei musical del passato, come fremmanti di quella realtà filmica che improvvisamente smette di agire razionalmente per cantare e ballare su una musica la cui provenienza è misteriosa. Lars Von Trier dà insomma una consistenza fisica e psicologica al musical: e in ciò è davvero originale e grande. Quanti saprebbero trasformare il lavoro in fabbrica in un numero musicale, e soprattutto, quanti vi riuscirebbero col tragitto percorso da Selma verso la camera delle impiccagioni: Lars Von Trier l’ha fatto e v’assicuro che in questa scena mai lo spettatore è indotto al sorriso, l’alito della morte è sempre presente. Ed è tra l’altro proprio nelle scene di morte che il regista e i suoi interpreti sanno costruire al meglio la tensione e l’angoscia che letteralmente colpisce lo spettatore: è ciò che avviene con la scena dell’omicidio (anch’essa seguita da un numero musicale dove cantano e ballano vittime volontarie e carnefici involontari) e quella davvero angosciante e straziante della morte di Selma, gridata e terribile e dalla conclusione così fulminea che quasi potrebbe spaventare per la sua improvvisa dose di freddezza sul ghiaccio inutilmente colpito dai lampi di calore di Selma.
Una meritata Palma d’Oro all’ultimo festival di Cannes per un Von Trier sempre in grando di stupire e commuovere con nuove trovate, che forse un po’ dividono la critica, ma che giustamente suscitano quelle palpitazioni che in pochi ancora sanno stimolare. Un plauso poi alle sue due interpreti: a Catherine Deneuve interprete di una amica e collega di lavoro di Selma, brillantissima nel suo ruolo di sofferente protettrice e, naturalmente, a quel folletto di Björk che pur con quel suo faccino che sembra uscita da una fiaba nordica, riesce ad esprimere quel tanto di follia che contradistingue il suo personaggio e sviscera tutto il suo dolore con consumata bravura. Sempra a Cannes Björk ha vinto il premio quale migliore attrice, ma ha anche detto che non reciterà mai più per dedicarsi esclusivamente alla sua originalissima musica (e quella del film è appunto sua): non saprei dire se sia un peccato o meno (anche se credo che per dare il meglio di sé avrebbe sempre bisogno di registi "forti" come Von Trier), quel che è certo è che riguardando il film in futuro non si potrà non continuare a pensare che Björk non ha interpretato Selma, è Selma.
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