Regia di Fernando Di Leo vedi scheda film
Tarantino per ricerca di originalità a tutti i costi va a scoprire le ragnatele di un genere, e sottogenere, italiano anni '70, alle volte ci azzecca alle volte molto meno.
Di Leo è certamente un regista e sceneggiatore che ha ispirato ed ha fatto scuola; con questo film che fa parte di una triologia di tutto rispetto, mantiene in parte le sue premesse, ma non tanto per la sceneggiatura e la direzione, ma per la scelta del cast, che compromette non poco tutta l'operazione.
Una mediocrità assoluta che limita tutta la forza dell'azione; è vero che tutto il genere si basava sul costo basso dell'operazione e quindi la scelta era sempre basata su scelte di "poco prezzo", ma al limite anche nella fattispecie esistevano attori dalla sicura professionalità e Di Leo, quando ne ha fatto scelta, è riuscito ad ingranare al meglio.
Un uomo fa gavetta nella mafia e riesce spuntarla anche contro il parere del suo capo che alla fine deve capitolare.
Sempre bravo, anche se sopra le righe, è uno dei pochi che riesce a emergere dall'operazione
Un personaggio "doppio", ma che l'attore non riesce in assoluto a tenere a bada, se non nei luoghi comuni del genere. Scoperto dal sottogenere western all'italiana, è rimasto sempre avvolto nella mediocrità.
Ripescato dagli scantinati del cinema americano, volto proficuo ma attore non eccelso
Anche lui proveninete dagli USA. come allora usava si pescavano attori in ribasso per mettere dei nominel nostro cinema, ma spesso le prestazioni erano meno che mediocri
Ottima idea di cinema: azione storia, sapeva il fatto suo sul genere, pecacto nella scelta, forse obbligata, del cast
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