Regia di Gianfranco Mingozzi vedi scheda film
Andrea è un bimbo viziato, idolo di una comunità di vecchi signori che si ritrovano in un caffè. Non va a scuola, ma nel caffè impara tutto. Dopo la morte dei genitori, gli farà da padre il cameriere Giuseppe (Citran), risulterà impossibile la storia d’amore con Annette, mentre il caffè subirà una lenta agonia. Il film di Mingozzi (a cui si devono alcuni capolavori del documentario italiano), ha il suo punto debole nella sceneggiatura di Marco Lodoli, un’accozzaglia di quel kitsch minimalista che si sperava seppellito per sempre con gli anni ’80 (i dialoghi sono la solita apologia del fanciullino e delle piccole cose della vita). La direzione degli attori tende alla macchietta parafelliniana (come in una versione povera di “E la nave va” o del “Pianista sull’oceano”), la musica di Piovani è la solita. Il tono dell’insieme è televisivo, con alcune impennate pseudo-poetiche (i personaggi entrano ed escono da un quadro agreste).
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