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Terrore nello spazio

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su Terrore nello spazio

di Antisistema
7 stelle

Il cinema più potente è quello che crea immagini o sbocchi narrativi; maggiore lode se ci si riesce con un budget già per l'epoca definito ridicolo di 2 fagioli e 3 lenticchie, come era solito doversi arrangiare Mario Bava, il quale doveva dare fondo a tutta la sua genialità artigianale come effettista e direttore della fotografia, per supplire ad una produzione misera come quella di Terrore nello Spazio (1966). Il cineasta aveva già dato dimostrazione con gli scarsi budget negli horror gotici con risultati di assoluto rilievo, ma la fantascienza è un'altra cosa, c'è da rendere credibile un mondo, se non hai i soldi è un qualcosa di impossibile perché facilmente ci si scade nel ridicolo involontario e nella poverata dal lato visivo. La fantascienza è un genere che come l'horror ed il fantasy si data molto in fretta, perché soggetto facilmente ai mutamenti sociali e tecnologici della vita quotidiana, non è un caso che le pellicole di fantascienza pre 2001 : Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick (1969), siano per lo più datate anche solo guardando qualche immagine sporadica su internet, con ben poche che se ne salvano al giorno d'oggi, riuscendosi a difendere dignitosamente, specie sotto il lato visivo. 

Però sino a Star Wars di George Lucas (1977) e Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Steven Spielberg (1977), non c'era ancora un divario enorme nella concezione dell'effetto speciale tangibile, che era la norma e la messa in scena più o meno era realizzata con i medesimi materiali sia in America che in Italia, quindi le differenze per chi lavorava nel genere non erano insormontabili; certo, i budget erano differenti comunque, ma la genialità artigianale dei tecnici nostrani o l'abilità con la macchina da presa di un regista come Bava, poteva colmare tale divario e Terrore nello Spazio, nonostante qualche limite in qualche scena di interni e nella recitazione troppo impostata da parte degli attori, risulta essere l'ennesima conferma di ciò.

Bava crea cinema partendo dai resti di altro cinema (materiale di un altro set) e comincia la storia con uno spunto di fantascienza-spaziale tramite le astronavi Galleot e Argas, mandate in esplorazione spaziale per scoprire nuovi luoghi ignoti, venendo improvvisamente attratte dalla gravità del pianeta Aura dopo aver captato un segnale proveniente da esso. Improvvisamente gli astronauti impazziscono e cominciano ad attaccarsu tra loro, il comandante Mark Markay (Barry Sullivan) unico rimasto lucido al momento dell'atterraggio, riesce a riprendere il controllo della situazione e decide di andare con alcuni componenti dell'equipaggio in esplorazione del pianeta e scoprire se ci sono superstiti nell'altra nave spaziale Argas, in attesa di riparare i danni.

 

 

Fantascienza spaziale che si fonde con l'horror, genere più congeniale a Bava, che sfrutta efficacemente l'idea narrativa dell'incorporeita' degli abitanti di Aura, in funzione di parassiti che si appropriano dei corpi degli austronauti defunti; in modo da poter interagire con la realtà materiale che li circonda. Con l'ausilio di tre sole location, consistenti negli interni delle astronavi, lo spazio cosmico e gli esterni del pianeta Aura, il regista riesce a creare un mondo concreto e tangibile, ancora oggi parzialmente credibile dal lato visivo. Se lo spazio profondo è un mero fondale dipinto e l'astronave dall'esterno sa troppo di modellino "pompato" dalla prospettiva della macchina da presa e quindi risultano essere l'elemento più datato della messa in scena (non che gli altri film di genere del periodo fossero più credibili), gli esterni del pianeta Aura invece sono una pura gioia visiva, dove Bava da fondo a tutto il proprio estro pop-fumettistico, spingendo appieno sul lato dell'innaturalezza delle fonti di luce e dal lato della tavolozza cromatica, fatta di rossi, verdi, blu e viola intensi, che insieme all'onnipresente nebbia, crea un'atmosfera di perenne suspense ed angoscia, che diventa inquietudine quando i nostri scoprono degli scheletri giganti che giacciono lì da chissà quanto tempo.

Si resta colpiti dal genio artigianale di un Bava, capace di creare ad ogni inquadratura nuove idee visive pur avendo il niente a disposizione, il pianeta Aura è stato costruito prendendo due grosse pietre da un set di un peplum, che il regista abilmente scombinava e ricombinava a seconda delle esigenze della scena, modificando gli angoli di ripresa in modo da dare la sensazione che il set fosse molto più vasto di quello che in realtà fosse, c'è da dire che Bava non maschera la limitatezza dei mezzi con dei campi stretti o primi piani costanti, ma capisce che per rendere il senso di meraviglia nello spettatore, deve giocare con la prospettiva, le angolazioni e le possibilità offertagli dalla macchina da presa, per inquadrare il luoghi nella loro "vastità" in modo da non dare una sensazione di poverata, ed il rischio è valso alla fine il risultato, se magari negli interni della Galleot il piano sequenza iniziale scopre un pò troppo la sensazione di costruito, per il pianeta Aura e negli interni del pianeta spaziale, il risultato è eccellente; colori sgargianti, scenografie geometriche e atmosfera irreale quasi sospesa in un incubo assurdo, fanno di Terrore nello Spazio un ottimo esempio di cinema che dal niente, riesce per 90 minuti a portarti in un altro luogo distante e farti vivere un'avventura tesa basata sull'ignoto insieme ai vari personaggi, chiudendo la vicenda con un colpo di genio finale, dai risvolti inquietanti.

Un titolo di culto, riscoperto sono negli ultimi 20 anni, perché come tutte le sperimentazioni di genere di Bava, fu una delusione ai botteghini nostrani, venendo ignorato dalla miope critica italica, quando il film fu di ispirazione a molte opere successive cominciando da quel capolavoro di Alien di Ridley Scott (1979), che ruba lo spunto iniziale e almeno 3-4 idee di messa in scena prese di peso da questo film, che ha trovato ferventi ammiratori in Tim Burton ed in Nicholas Winding Refn, confermando come nel cinema di genere nostrano, dopo l'inarrivabile Sergio Leone (che è anche l'unico meritevole del titolo di autore tra tutti questi registi), al secondo posto c'è sicuramente Mario Bava, per il resto della marmaglia c'è solo posto dalla terza posizione in giù (volendo essere generosi, credo che fino al decimo posto c'è spazio per registi di genere se non significativi, quantomeno interessanti tra quelli nostrani, cosa che mano a mano stilero' vedendo nel corso del tempo tali opere, oltre c'è mera spazzatura che la rivalutazione dei tempi odierni ha pompato troppo, perché di film di genere italiani se ne salvano pochissimi, di registi ancor meno).

 

scena

Terrore nello spazio (1965): scena

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